Alessia Lanini

DA ADAMO AGLI APOSTOLI

Una panoramica di tutta la Bibbia basata sul testoin sé

Volume (da definire)

Scuola elementare di cristianesimo

Dialoghi sulla prima lettera di Paolo ai Corinzi, condotti da Fernando De Angelis

BOZZA 1 DEL DIALOGO 19: 1CORINZI 7:25-40

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1.Premessa        
2.I pareri di Paolo riflettono quelli di Gesù (7:25)  
3.Paolo ripete i tre livelli di situazione (7:26-28)      
4.Attenzione alle interpretazioni ingannevoli (7:29-31)        
5.Sposarsi non è un peccato (7:32-38)   
6.Cosa fare se e quando una donna diventa vedova (7:39-40) Approfondimento n. 11 Abigail: un grande esempio di fede       
A.Introduzione           
B.Il contesto della vicenda di Abigail  
C.Attenzione alle bestemmie in “evangelichese”     
D.La forte intimità con Dio di Abigail le fa pronunciare parole

Dialogo 19

1CORINZI 7:25-40

1. PREMESSA

Bibbia significa “biblioteca” e quindi può essere vista come un’enciclopedia teologica fatta da vari volumi, che prendono il loro nome dai diversi personaggi che via via fanno comprendere meglio il carattere di Dio e lo sviluppo del suo rapportarsi con l’umanità. I primi due capitoli della Genesi possono essere visti come un primo volume, nel quale Dio agisce direttamente. Poi lo farà con Adamo, Mosè, Davide, Gesù, Pietro e Paolo, per citarne solo alcuni.

Paolo non è solo uno dei credenti eccezionali, ma costituisce l’ultimo volume dell’enciclopedia teologica di Dio. Con Paolo si è completata una tappa significativa del percorso del popolo di Dio, dopo la quale è iniziata una pausa della rivelazione che durerà finché del Vangelo non ne sia stata resa testimonianza a tutti i popoli.

Da Paolo in poi Dio non ha più fatto rivelazioni speciali per tutta l’umanità, ma solo rivelazioni specifiche, riguardanti particolari persone o situazioni, nell’attesa della fine dell’età presente e del ritorno di Gesù, col quale ci sarà un successivo sviluppo. Paolo è stato uno strumento per portare a compimento l’opera di Gesù e dei Dodici apostoli, evidentemente senza essere in contrasto con l’opera di Dio precedente.

2. I PARERI DI PAOLO RIFLETTONO QUELLI DI GESÙ (7:25)

«Quanto alle vergini, non ho comandamento dal Signore; ma do il mio parere, come uno che ha ricevuto dal Signore la grazia di essere fedele» (7:25).

Il fatto che Paolo agisse per rivelazione diretta di Gesù lo si può vedere dal versetto 10: «Ai coniugi poi ordino, non io ma il Signore [Gesù]». Mentre in 11:23 è scritto: «Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso». Se ne deduce che Paolo riceveva speciali rivelazioni da parte di Gesù, che completavano quelle date ai Dodici apostoli.

Nel testo in questione, però, Paolo dice che riguardo alle vergini non ha comandamenti dal Signore Gesù e ne dà il suo parere. Si potrebbe pensare che ciò che Paolo dice su questo argomento possa essere trascurato, perché è solo il suo parere. Bisogna però fare attenzione, perché Paolo dice che il suo parere è dato «come uno che ha ricevuto dal Signore la grazia di essere fedele». Insomma, dove non aveva rivelazioni specifiche da parte di Gesù, Paolo aveva comunque ricevuto il particolare dono di applicarne coerentemente il pensiero. Per questo motivo il parere di Paolo non era solo suo, ma rifletteva comunque quello di Gesù.

Inoltre, in 1Corinzi 14:37 Paolo scrive: «Se qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose [e non “certe cose”] che io vi scrivo sono comandamenti del Signore». Paolo è quindi una manifestazione speciale di Dio, che attraverso di lui ha voluto mostrare in forma di parole e di esempio in cosa consiste la vita cristiana. Paolo, infatti, faceva ciò che insegnava e insegnava ciò che faceva, al punto da arrivare a dire: «Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi» (Fil 4:9).

Nei successivi versetti vedremo che Paolo esorta a essere single per chiamata da Dio, ma le sue non erano solo belle parole, in quanto lui stesso viveva quella situazione.

3. PAOLO RIPETE I TRE LIVELLI DI SITUAZIONE (7:26-28)

«Io penso dunque che, a motivo della pesante situazione, sia bene per loro restare come sono; poiché per l’uomo è bene di starsene così. Sei legato a una moglie? Non cercare di sciogliertene. Non sei legato a una moglie? Non cercare moglie. Se però prendi moglie, non pecchi; e se una vergine si sposa, non pecca; ma tali persone avranno tribolazione nella carne e io vorrei risparmiarvela» (7:26-28).

In questi versetti Paolo ripete nuovamente, seppure con altre parole, un concetto già affrontato, ovvero quello dei tre livelli di situazione. Non ci dilungheremo, rimandando all’esposizione fattane nel paragrafo 2 del Dialogo 17.

4. ATTENZIONE ALLE INTERPRETAZIONI INGANNEVOLI (7:29-31)

«Ma questo dichiaro, fratelli: che il tempo è ormai abbreviato; da ora in poi, anche quelli che hanno moglie siano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che si rallegrano, come se non si rallegrassero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché la figura di questo mondo passa» (7:29-31).

In tutto il Nuovo Testamento c’è l’attesa di un imminente ritorno di Gesù per realizzare il regno di Dio sulla terra. Sulla base di questo attendere, Paolo dice che essere sposati o meno conta poco in questo tempo.

Un giovane potrebbe interpretare questi versetti per decidere di non sposarsi, «tanto sta per tornare il Signore». Se fosse un ventenne di cinquant’anni fa, oggi a settant’anni potrebbe dire: «Che fregatura! Non mi sono sposato perché credevo che stesse per tornare il Signore e invece non è ancora venuto». Il ragionamento alla base è però difettoso, perché per Paolo il fatto che il Signore sta per tornare non è il motivo fondamentale per scegliere di restare single. Inoltre, l’esortazione a essere sempre vigilanti e aspettare l’improvviso ritorno di Gesù è lo stesso Gesù a ribadirlo alla fine del suo discorso profetico (Mat 24:36-25:30). Dicendo, per esempio: «Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà» (Mat 24:42; vedi anche 24:36 e 25:13). Paolo qui ripete in qualche modo l’esortazione a vegliare, però non dice che questo è il motivo fondamentale per decidere di non sposarsi; infatti, pur dicendo che «il tempo è ormai abbreviato», non fissa una data, non indicata nemmeno in Apocalisse, dove viene detto che il Signore viene «presto» (3:11; 22:7,12,20). Pertanto, il fatto che Gesù sta per tornare è solo un motivo generale e generico per non sposarsi.

Ci sono altre motivazioni molto specifiche e concrete che Paolo dà per scegliere di sposarsi o meno, ad esempio quando dice che «è meglio sposarsi che ardere» (7:9) oppure quando dice che «chi dà la sua figliola a marito fa bene, e chi non la dà a marito fa meglio» (7:38), con la scelta che non è tra il bene e il male, ma tra il bene e il meglio. Un’altra motivazione a favore del non sposarsi è che il non sposato per vocazione, dice Paolo per esperienza, «è più felice» (7:40).

Della questione del ritorno di Gesù atteso a breve Paolo ne aveva già accennato in 1Corinzi 2:6, perciò rimandiamo al paragrafo 4 del Dialogo 7.

5. SPOSARSI NON È UN PECCATO (7:32-38)

«Vorrei che foste senza preoccupazioni. Chi non è sposato si dà pensiero delle cose del Signore, di come potrebbe piacere al Signore; ma colui che è sposato si dà pensiero delle cose del mondo, come potrebbe piacere alla moglie, e i suoi interessi sono divisi. La donna senza marito o vergine si dà pensiero delle cose del Signore, per essere consacrata a lui nel corpo e nello spirito; mentre la sposata si dà pensiero delle cose del mondo, come potrebbe piacere al marito. Dico questo nel vostro interesse; non per tendervi un tranello, ma in vista di ciò che è decoroso e affinché possiate consacrarvi al Signore senza distrazioni. Ma se uno crede far cosa indecorosa verso la propria figliola nubile se ella passi il fior dell’età, e se così bisogna fare, faccia quello che vuole; egli non pecca; la dia a marito. Ma chi sta fermo in cuor suo, e non è obbligato da necessità ma è padrone della sua volontà e ha determinato in cuor suo di serbare vergine la sua figliola, fa bene. Perciò chi dà la sua figliola a marito fa bene, e chi non la dà a marito fa meglio» (7:32-38).

Paolo ribadisce che la scelta è fra uno sposarsi che non è peccato e un non sposarsi che è meglio. Pertanto, se uno decide di sposarsi, non necessita di tante giustificazioni, perché è la cosa più naturale, in quanto Dio ci ha creati così, perciò non c’è bisogno di una rivelazione speciale per sposarsi. Vogliamo precisare che ad ogni modo è bene seguire la volontà di Dio anche nello sposarsi, come per ogni aspetto della vita di un credente.

Se invece uno sceglie di non sposarsi, è bene che si chieda perché lo fa. In quanto potrebbe esserci una chiamata specifica da Dio, ma potrebbe anche essere una scelta dettata dall’orgoglio, dal voler essere più bravo e “santo” degli altri. Oppure potrebbe dipendere da degli impedimenti che uno ha dentro di sé. In quest’ultimo caso bisognerebbe cercare di superarli, ma comunque non giustificarli chiamando in causa Paolo.

In conclusione, la scelta di sposarsi può essere fatta facilmente, mentre quella di vivere da single necessita di una più specifica guida di Dio.

6. COSA FARE SE E QUANDO UNA DONNA DIVENTA VEDOVA (7:39-40)

«La moglie è vincolata per tutto il tempo che vive suo marito; ma, se il marito muore, ella è libera di sposarsi con chi vuole, purché lo faccia nel Signore» (7:39).

Qui Paolo esprime il concetto che la moglie è vincolata al marito finché quest’ultimo vive, concetto che viene espresso anche in Romani 7:1-3.

Sulla indissolubilità del matrimonio ci siamo già soffermati affrontando 1Corinzi 7:10-11, quindi rimandiamo al paragrafo 5 del Dialogo 17.

«Tuttavia ella [la vedova] è più felice, a parer mio, se rimane com’è; e credo di avere anch’io lo Spirito di Dio» (7:40).

In questo versetto si dice che la vedova che rimane senza risposarsi «è più felice». Paolo non la invita a fare un sacrificio, ma a scegliere qualcosa che dà più gioia. Tuttavia, dicendo che «è più felice» se non si sposa, significa che potrebbe essere felice anche risposandosi.  

Approfondimento n. 11

ABIGAIL: UN GRANDE ESEMPIO DI FEDE

A.Introduzione.

Questo approfondimento riguarda una donna straordinaria della Bibbia, cioè Abigail, che è spesso trascurata in quanto non è facile cogliere la grandezza del suo esempio di fede. Non riporteremo il passo biblico che la riguarda specificatamente (1Sam 25:14-42), ma invitiamo a leggerlo, limitandoci qui agli aspetti che sono più rilevanti rispetto a 1Corinzi 7.

B.Il contesto della vicenda di Abigail.

A un certo punto della sua vita Davide fu costretto a fuggire e a nascondersi, in quanto perseguitato da un Saul che voleva ucciderlo. Saul era stato unto re da Samuele (1Sam 10:1), perciò la gente del popolo aiutava Saul a cercare Davide per ucciderlo, anche solo perché quella era la volontà del re, a cui molti davano ragione a prescindere. Nel frattempo, però, anche Davide era stato unto re ed era stato investito dallo Spirito Santo (1Sam 16:12-13). Aveva inoltre vinto Goliat, datogli nelle mani da Dio (1Sam 17:46-47). Ci si poteva però chiedere come mai Davide fosse ridotto a doversi nascondere, se Dio era effettivamente con lui.

Quando Davide dovette fuggire, i suoi familiari lo seguirono e così anche quattrocento uomini, che non erano la parte migliore della società, ma persone con debiti e disagi vari (1Sam 22:1-2). Davide diventò capo di tutti questi uomini, che andavano organizzati e sfamati, anche per evitare rivolte da parte loro.

Nel suo fuggire, Davide andò dai Moabiti (1Sam 22:3-4), nazione dalla quale proveniva la sua bisnonna Rut (Rut 2:2; 4:12,17,22). Il profeta Gad, però, disse a Davide di non stare più nella fortezza di Moab, ma di andare nel paese di Giuda (1Sam 22:5), della cui tribù egli faceva parte e da cui sarebbe stato protetto.

Apriamo una piccola parentesi per sottolineare che Davide aveva una efficace comunicazione con Dio, non solo attraverso i profeti, ma anche in modo diretto. Infatti Davide poneva domande a Dio, dal quale riceveva risposte chiare (per es. 1Sam 23:1-2; 30:8; 2Sam 5:19-25). Davide applicava Proverbi 3:5, scritto poi da suo figlio Salomone: «Confida in Javè con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento». Applicandolo a 1Corinzi 7 consideriamo che anche noi dovremmo consultare Javè quando scegliamo il coniuge, non appoggiandoci sul nostro discernimento. Prima di fidarci di qualcuno chiediamo a Dio il suo parere, come faceva Davide, con la fiducia che Dio può rispondere anche a noi con chiarezza, tanto più se consideriamo che oggi tutti i credenti sono abitazione dello Spirito Santo.

Anche nella tribù di Giuda Davide doveva rimanere un po’ nascosto per sfuggire a Saul e se ne stava in una zona a confine con i Filistei, dove c’erano anche ricchi Giudei allevatori di bestiame. Davide aveva necessità di avere cibo per sé e quelli con lui; avendo una forza militare, avrebbe potuto anche prendere del bestiame con la forza, ma non lo faceva, anzi Davide proteggeva questi territori dalle incursioni dei Filistei.

Fra i grandi allevatori al confine di Giuda c’era Nabal, anch’egli protetto da Davide. Arrivò il giorno che Nabal doveva tosare le pecore e avrebbe quindi avuto la lana, che era un prodotto di grande valore. Davide mandò dei giovani per parlare a Nabal: «Ho saputo che hai i tosatori; ora, i tuoi pastori sono stati con noi e noi non abbiamo fatto loro nessuna offesa. Nulla è stato loro portato via per tutto il tempo che sono stati a Carmel. Domandalo ai tuoi servi ed essi te lo confermeranno. Questi giovani trovino dunque grazia agli occhi tuoi, poiché siamo venuti in giorno di gioia; e dà, ti prego, ai tuoi servi e al tuo figlio Davide ciò che avrai fra le mani» (1Sam 25:7-8).

Come abbiamo già detto, Davide avrebbe potuto usare la forza, ma non l’aveva fatto e continuò a non farlo. Inoltre, quelli che invia li definisce servi di Nabal, avendolo servito proteggendolo, mentre Davide si definisce suo figlio, essendo probabilmente più giovane. Oltretutto Davide non mandò a chiedere una cosa specifica, ma «ciò che avrai fra le mani», ovvero un’offerta libera. Il nome Nabal significa “degenerato di mente e di costumi” ed egli reagì proprio secondo il significato del suo nome, disprezzando Davide e rimandando via gli inviati a mani vuote (1Sam 25:10-12). Davide a questo punto perse la pazienza e decise di andare da Nabal per fare una strage (1Sam 25:13). È qui che interviene Abigail.

Davide sbagliò a decidere di volersi fare giustizia con le sue mani e, infatti, poi riconobbe il suo errore. Ma non sentiamoci superiori a Davide, pensando che noi non avremmo mai perso la pazienza in una situazione simile. Questo perché a tutti noi dovrebbero essere capitate circostanze che ci hanno fatto perdere la pazienza e ci è facile inorgoglirci mentre leggiamo la Bibbia stando sulla poltrona, dalla quale possiamo illuderci di poter fare i giudici.

C.Attenzione alle bestemmie in “evangelichese”.

Apriamo una parentesi per opporci ad una bestemmia in “evangelichese” che abbiamo trovato nella Bibbia Concordata. In essa il commentatore scrive che Davide taglieggiava i proprietari di quella zona periferica della tribù di Giuda e, se non pagavano, li uccideva. Qualcuno che non ha il tempo o la capacità di affrontare l’argomento potrebbe finire per credere a questa falsità. Per questo vogliamo smentire che Davide avesse un atteggiamento da taglieggiatore mafioso, il quale in fondo ti protegge da se stesso, mentre Davide proteggeva gli abitanti del posto dalle incursioni dei Filistei.

Davide è pertanto paragonabile a uno che costruisce un castello per la protezione di sé e dei suoi amici. Poi arrivano altri che chiedono di far parte del castello e sono accettati, impegnandosi a contribuire al mantenimento del castello. Davide aveva messo in piedi un servizio di protezione per gli abitanti di quelle zone periferiche e si aspettava di essere aiutato da quelli che proteggeva e ciò gli era necessario. Nabal voleva fare il furbo, godendo della protezione, ma senza contribuire al mantenimento di essa. Per questo Davide perse la pazienza.

Facciamo dunque attenzione alle bestemmie dette in “evangelichese”, alle quali potremmo credere solo perché scritte nei commenti di una Bibbia o perché predicate da qualche credente.

D.La forte intimità con Dio di Abigail le fa pronunciare parole profetiche.

Torniamo all’entrata in scena di Abigail, descritta in 1Samuele 25:14-42 e che qui ci limiteremo a riassumere brevemente per coglierne gli aspetti essenziali.

Quando i servi di Nabal vennero a sapere delle devastanti intenzioni di Davide, che voleva fare una strage, andarono a parlarne con Abigail, perché sapevano della sua saggezza e confidavano nella sua capacità di intervenire. Abigail decise di andare a parlare a Davide, iniziando prostrandosi ai suoi piedi, per poi rassicurarlo sulle promesse che Dio gli aveva fatte e ammonirlo, finendo con l’essere benedetta da Davide.

Abigail disse a Davide: «Quando Javè avrà fatto al mio signore tutto il bene che ti ha promesso e ti avrà stabilito come capo sopra Israele, il mio signore non avrà questo dolore e questo rimorso di avere sparso del sangue senza motivo e di essersi fatto giustizia da sé. Quando Javè avrà fatto del bene al mio signore, ricordati della tua serva» (vv. 30-31). Davide riconobbe che Abigail aveva ragione e le disse: «Sia benedetto Javè, il Dio d’Israele, che oggi ti ha mandata incontro a me! Sia benedetto il tuo senno, e benedetta sia tu che oggi mi hai impedito di spargere del sangue e di farmi giustizia con le mie mani» (vv. 32-33).

Questo capitolo comincia con il dire che «Samuele morì e tutto Israele si radunò e ne fece cordoglio» (1Sam 25:1). Così Abigail appare come una sostituta di Samuele!

La storia finisce con Nabal che viene colpito di morte da Javè (v. 38) e con Davide che chiede in sposa Abigail (v. 39). Abigail rispose alla proposta di matrimonio dicendo: «Ecco, la tua serva farà da schiava, per lavare i piedi ai servi del mio signore» (v. 41). Sebbene nessuno glielo avesse chiesto, Abigail si propose di essere serva dei servi! Concretizzando nella sua vita che «l’umiltà precede la gloria», come fu più tardi scritto in Proverbi 15:33.

La storia di Abigail ci mostra come sia possibile arrivare a una profonda intimità con Dio anche con un coniuge pessimo. Dimostrando che, se Dio ci affida una parola, può essere rilevante anche se non abbiamo alcun incarico né qualifica. Non c’è neanche bisogno di innalzarci perché gli altri riconoscano in questa parola un messaggio di Dio, ma possiamo esprimerla addirittura prostrandoci ai piedi dell’interlocutore!

Concludendo, vogliamo mettere in rilievo che la Bibbia non è solo storia, in quanto le storie in essa riportate ci parlano del carattere di Dio, che è sempre lo stesso. Anche oggi possiamo trovare donne che assomigliano ad Abigail, ma affinché esse siano onorate dalla società, come lo era lei (v. 14), dobbiamo ricevere da Dio la grazia di riconoscerle. Altrimenti, come ci dimostra il poco apprezzamento della storia di Abigail, è facile incontrarle e non saperle né apprezzare né incoraggiare.