Alessia Lanini

DA ADAMO AGLI APOSTOLI

Una panoramica di tutta la Bibbia basata sul testo in sé

 Volume (da definire)

 

SCUOLA ELEMENTARE DI CRISTIANESIMO. Dialoghi sulla prima lettera di Paolo ai Corinzi, condotti da Fernando De Angelis

BOZZA 1. DIALOGO 1: 1CORINZI 1:1-4

[file scaricabile dal post sul Dialogo 5]

Introduzione, di Fernando De Angelis 

1.Questioni preliminari

A.Chi ha deciso la composizione del Nuovo Testamento?

B.Il Nuovo Testamento assomiglia ad un magazzino o è ad un sistema coordinato?

C.Il contesto della 1Corinzi e la sua funzione

2.Paolo, un apostolo come Barnaba, non come Pietro (1:1 a)

3.Quando e perché la chiesa si è separata dalla sinagoga? (1:1b)

4.Una lettera applicabile a noi dallo Spirito Santo (1:2)

5.Paolo usa un linguaggio trinitario non confusionario (1:3-4)

 

INTRODUZIONE, di Fernando De Angelis 

Più di tre anni fa ho cominciato a vedere le due Lettere di Paolo ai Corinzi sotto una nuova luce, cogliendone una centralità che prima mi sfuggiva. Ne sono un segno le due predicazioni domenicali del maggio 2015, nella chiesa di Siena che frequento e che sono ascoltabili sul sito. Con esse sono arrivato a fare solo il primo versetto e poi non ho proseguito. Da allora è sempre più cresciuta la convinzione dell’importanza di uno studio accurato della 1Corinzi, ma senza aver trovato il modo per avviarlo.

Nonostante il nostro intenso dialogo, la giovane Alessia Lanini è arrivata a interessarsi della 1Corinzi in modo autonomo, esprimendomi ad agosto il desiderio di leggerla insieme. Ci ho visto il segno che era giunto il tempo per impegnarmici ed ho così deciso di iniziare lo studio al più presto, ponendo la condizione che il nostro studio fosse aperto anche ad altri interessati. Gli incontri sono previsti una volta al mese, dalle 20 alle 22, il venerdì, a casa mia. Il primo c’è stato venerdì 20 settembre e i presenti erano una decina.

Pur volendo rendere accessibile questo studio a tutti, non si è ritenuto opportuno farne la registrazione. Ho allora scelto di replicare il modello adottato per la scuola domenicale, cioè quello di fare i resoconti scritti degli incontri e poi diffonderli tramite Facebook e il sito. Mi si sono già accumulati altri impegni, però, che mi rendono difficile potermi dedicare a un libro sulla 1Corinzi ed ho allora pensato di utilizzare le capacità e la dedizione di Alessia Lanini, chiedendole di fare la prima bozza della sintesi scritta degli incontri, da diffondere dopo una mia rilettura. Un primo collaudo del metodo c’è già stato, con la redazione dell’incontro d’apertura, e siamo incoraggiati a proseguire.

Pur essendo un libro scritto “a quattro mani”, ho deciso di mettere Alessia Lanini come autrice unica, per diversi motivi. Il primo è che la redazione di un evento non è mai neutrale, ma è condizionata da chi la fa: ne è un esempio il fatto che i Vangeli vengono detti “di Matteo, Marco, Luca e Giovanni”. Il secondo motivo è che sono un “ultra settantenne” e Alessia è al primo anno di università. Potendo essere suo nonno, sento il dovere di incoraggiarla, onorando la sua serietà nell’affrontare la vita cristiana e valorizzando le potenzialità che intravedo. Con una segreta speranza, quella che questa sua opera la prepari a raccogliere e proseguire a suo modo e autonomamente quanto Dio mi ha messo in cuore di fare.

 

Dialogo 1. 1CORINZI 1:1-4

 

1.QUESTIONI PRELIMINARI

A.Chi ha deciso la composizione del Nuovo Testamento?

Tutti i cristiani riconoscono l’autorità del Nuovo Testamento che usiamo, mentre su altre questioni è facile dividersi. Questo è successo perché non sono stati i credenti a decidere quale fosse “Parola di Dio” e quale no, ma alcuni scritti hanno acquistato autorità per le caratteristiche che presentavano. Ad un certo punto, perciò, i cristiani hanno riconosciuto concordi quali scritti riunire nel Nuovo Testamento.

In Geremia 23:28-29 è scritto che il falso profeta «che ha avuto un sogno, racconti il sogno; colui che ha udito la mia parola, riferisca la mia parola fedelmente. Che ha da fare la paglia con il frumento? La mia parola non è forse come un fuoco, e come un martello che spezza il sasso?». Dio lascia che si esprimano anche i falsi profeti, perché la parola che davvero viene da lui ha in sé un’autorità e una potenza che s’impongono.

Come per l’Antico Testamento, Dio non solo comunica la sua Parola, ma fa in modo che il suo popolo la conservi con sostanziale fedeltà. Israele è a volte arrivato a una degenerazione massima e Gesù ha contrastato molti aspetti della Parola di Dio predicata, avendo però piena fiducia nella Parola di Dio scritta conservata nelle sinagoghe. Lutero si oppose radicalmente alla chiesa cattolica del suo tempo, ma sulla base della Parola di Dio scritta trasmessagli proprio da quella chiesa.

B.Il Nuovo Testamento assomiglia ad un magazzino o è un sistema coordinato?

Se è stato lo Spirito Santo, come crediamo, che ha ispirato le singole parti del Nuovo Testamento e poi le ha riunite, allora non assomiglia al magazzino di un commerciante di antiquariato, che mette insieme tutto ciò che di migliore ha trovato. È invece simile all’arredamento di una casa di gran pregio, dove ogni singolo elemento è prezioso e si coordina con tutto il resto. In altre parole, la 1Corinzi non fa parte del Nuovo Testamento solo per il suo valore intrinseco, ma perché svolge un suo specifico compito, del quale abbiamo necessità anche noi di usufruire.

C.Il contesto della 1Corinzi e la sua funzione.

Il senso della 1Corinzi è ricavabile da 3:1-3: «Fratelli, io non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo. Vi ho nutriti di latte, non di cibo solido, perché non eravate capaci di sopportarlo; anzi, non lo siete neppure adesso, perché siete ancora carnali. Infatti, dato che ci sono tra di voi gelosie e contese, non siete forse carnali e non vi comportate secondo la natura umana?». Dopo circa due anni di permanenza a Corinto (Atti 18:11,18), Paolo non era ancora riuscito a nutrirli con cibo solido, ma solo con il latte. È perciò con questa prima Lettera che Paolo affronta tutta una serie di problematiche, facendone una specie di scuola elementare, che prosegue i precedenti due anni di asilo.

Nell’evangelizzare i non Ebrei, gli apostoli cominciavano con un messaggio molto semplificato. Al carceriere di Filippi fu fatta una sintesi estrema: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato», venendo poi subito battezzato (Atti 16:30-34). In un’altra città greca più vicina a Corinto, cioè ad Atene, Paolo annunciò il Vangelo dicendo solo che Dio «giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell’uomo che egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti» (Atti 17:31). Discorso simile può essere fatto considerando l’evangelizzazione del centurione romano Cornelio da parte di Pietro (Atti 10:34-48).

A Corinto Paolo era perciò partito dagli elementi più semplici, per poi passare gradualmente a quelli più complessi. Come quando si costruisce una casa in situazioni d’emergenza e si comincia con un tetto sotto il quale ripararsi, per proseguire verso le fondamenta.

 

2.PAOLO, UN APOSTOLO COME BARNABA, NON COME PIETRO (1:1 a)

‹‹Paolo, chiamato a essere apostolo  [missionario] del Messia Gesù per volontà di Dio»(1:1 a). 

Cominciamo l’esame del testo riflettendo su parole dal significato apparentemente scontato, ma che sono da quasi tutti intese male.

APOSTOLO. Spesso Pietro e Paolo vengono citati insieme come i due più grandi apostoli, ma lo erano in modo diverso. Apostolo significa inviato, cioè missionario. Pietro era uno dei Dodici inviati in missione direttamente da Gesù (Mat 10:2-5). Nei Vangeli e negli Atti vediamo che Pietro era il leader dei Dodici. Paolo era invece un inviato della chiesa di Antiochia e perciò non aveva un’autorità riconosciuta da tutti, nemmeno fra quelli che aveva evangelizzato a Corinto, dove alcuni preferivano addirittura non rivederlo! (1Cor 4:18; 2Cor 6:12; 10:10; 12:11-15). Paolo in sostanza non aveva titoli formali, ma d’altronde nemmeno Gesù li aveva, dato che appariva come un maestro di ebraismo che non aveva fatto studi, cioè un autodidatta (Giov 7:15). Sia a Gesù che a Paolo, tuttavia, era stato Dio a conferire un’autorità che si è poi imposta.

DEL MESSIA GESÙ. Spesso la prima domanda rivolta a un missionario è: ‹‹Quale organizzazione ti sostiene?››. E siccome “chi paga comanda”, le esigenze dell’organizzazione rappresentata non possono passare in secondo piano, dove invece rischiano di finirci certi insegnamenti di Gesù.

Paolo in Galati 1:10 scrive: ‹‹Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo del Messia››. Se vogliamo piacere a Gesù più che agli uomini, troveremo le benedizioni da Dio: lui solo può darci quel coraggio e quella forza che sono necessari.

 

3.QUANDO E PERCHÉ LA CHIESA SI È SEPARATA DALLA SINAGOGA? (1:1b)

‹‹E il fratello Sostene›› (1:1b).

Nello scrivere le sue Lettere, Paolo aveva l’abitudine di associare a sé altri “compagni d’opera” e in questo caso troviamo ‹‹il fratello Sostene››, che evidentemente condivideva il messaggio. Sostene era un capo della sinagoga che aveva accettato Gesù come Messia e questo ci stimola a riflettere sul rapporto fra sinagoga e chiesa.

Sinagoghe, chiese e moschee sono luoghi di culto chiaramente separati, che riuniscono persone di religione diversa. La domanda più semplice riguarda quando sono state costruite le prime chiese ed è evidente che, finché i credenti in Gesù sono stati una “minoranza osteggiata”, si è evitato di costruire edifici che servissero per il culto. Le chiese come edifici, perciò, si sono diffuse a partire dal IV secolo, sono perciò molto posteriori all’era apostolica.

Chiesa significa assemblea e le prime “assemblee dei discepoli di Gesù” viene spontaneo farle risalire a Gesù stesso e associarle a quanto afferma in Matteo 16:18: «Edificherò la mia chiesa». Il verbo però è al futuro («edificherò») e nei Vangeli non troviamo incontri domenicali di tutti i discepoli di Gesù, perché Gesù e i suoi discepoli continuavano a ritrovarsi insieme agli altri Ebrei il sabato, al Tempio di Gerusalemme o nelle sinagoghe.

Si può ritenere che la chiesa cominci formalmente con la discesa dello Spirito Santo in Atti 2, ma nemmeno lì troviamo le nostre “assemblee domenicali dei seguaci di Gesù”. Quel giorno furono infatti battezzate tremila persone, che si ritrovavano «nelle case» e perciò non in assemblea, continuando a frequentare il Tempio (Atti 2:41-46).

Un primo passo fu fatto ad Antiochia, dove si cominciò a battezzare sistematicamente i non circoncisi, avendosi così la prima assemblea cristiana distinta dalla sinagoga. Paolo, però, continuava a cominciare le evangelizzazioni a partire dalle sinagoghe (per es. Atti 13:14 e 14:1), invitando non ad uscirne, ma a riconoscere in Gesù il Messia promesso, esortando gli ascoltatori a fare un passo avanti come Ebrei, cioè senza con questo “cambiare religione”.

Anche a Corinto Paolo cominciò ad annunciare Gesù partendo dalla sinagoga e lo fece per più sabati (Atti 18:4). Chi aveva accettato Gesù come Messia il sabato successivo tornava insieme a Paolo in sinagoga. Il messaggio veniva però accolto solo da una minoranza, osteggiata da chi lo rifiutava. Si delineò perciò un’incompatibilità fra due categorie che si consideravano ambedue ebraiche e che portò alla divisione fra “Giudei credenti in Gesù come Messia” e “Giudei avversi a ritenere Gesù come Messia”. L’incompatibilità non fu dunque di tipo teologico. Fu proprio a Corinto che Paolo decise di separare i credenti in Gesù dalla sinagoga: «Poiché essi facevano opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: “Il vostro sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; da ora in poi andrò dai pagani”. E, uscito di là, entrò in casa di un tale chiamato Tizio Giusto, che temeva Dio, e aveva la casa attigua alla sinagoga. Ma Crispo, capo della sinagoga, credette nel Signore insieme a tutta la sua famiglia» (Atti 18:6-8). La maggioranza dei Giudei di Corinto rifiutò di accettare Gesù come Messia nonostante lo avesse fatto Crispo, capo della sinagoga. Sostene lo troviamo citato più avanti, anche lui come capo della sinagoga, presumibilmente successore di Crispo (Atti 18:17). L’appoggio di Sostene, divenuto anche lui seguace di Gesù, dava perciò alle parole di Paolo molta più forza.

Nella successiva tappa ad Efeso successe qualcosa di simile, con un ulteriore sviluppo, perché l’assemblea cristiana si cominciò a farla non più in una casa, ma in un luogo destinato al pubblico, qual era una scuola (Atti 19:8-9).

Ci siamo un po’ dilungati perché ciò fa meglio comprendere la 1Corinzi. Quando i credenti in Gesù andavano in sinagoga, la loro specificità cristiana poteva manifestarsi limitatamente. Un incontro di soli cristiani bisognava evidentemente organizzarlo in modo in parte diverso e ciò spiega perché nella 1Corinzi abbondano le istruzioni su come deve svolgersi l’assemblea e su che cos’è la chiesa, definita come «il corpo del Messia» (12:27)

Dopo una corretta comprensione della nascita della chiesa, poi, è più facile rendersi conto della validità che continuava ad avere l’Antico Testamento, che Paolo applica direttamente ai Corinzi (per es. 1Cor 10:1-11).

 

4.UNA LETTERA APPLICABILE A NOI DALLO SPIRITO SANTO (1:2)

«alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi» (1:2).

Questa Lettera di Paolo è appositamente rivolta alla chiesa di Corinto: che ha dunque a che fare con noi? Cosa ha da dire a noi, che non siamo né di quella chiesa e né di quel tempo? Quando Paolo la scrisse non era certo consapevole del fatto che stesse componendo una parte del Nuovo Testamento. Anzi, di una raccolta di scritti da affiancare a quelli precedenti non c’era consapevolezza, perché per “Parola di Dio” si continuava a ritenere quello che noi chiamiamo “Antico Testamento”.

Mentre Paolo scriveva non aveva in mente le chiese di oggi, bensì la situazione concreta e problematica di quella di Corinto. Saremmo perciò portati a pensare che questo testo con noi non abbia niente a che fare. Pur non essendo direttamente applicabile a noi, però, Dio può certamente usarlo per farci crescere in Gesù. Per noi questa parola può essere vivente, oppure rappresentare soltanto un racconto storico riguardante Corinto.

Gesù rifletteva il Padre, in chi sapeva vedercelo, ma per gli altri restava il figlio del falegname (cfr. Mar 6:1-6; Giov 14:9; ). C’è un parallelismo tra la Parola di Dio scritta e quella incarnata. Si poteva vedere il Padre in Gesù solo aprendosi all’opera dello Spirito Santo e abbiamo bisogno della stessa apertura per saper vedere nella Parola di Dio scritta. Evitando il diffuso pericolo di leggerci ciò che vogliamo sentirci dire, non ciò che davvero vuole dirci.

Si può usare la Bibbia come chi cerca la volontà di Dante Alighieri attraverso la sua Divina commedia. Questo modo però ci rapporta con un dio morto, cioè con un idolo, mentre la Bibbia ci è stata data per sviluppare un rapporto vivo e diretto con il Dio vivente!

Tutta la Bibbia è applicabile alle nostre vite, ma possiamo farlo correttamente ed efficacemente solo con l’aiuto dello Spirito Santo. Dobbiamo porci di fronte alla Parola di Dio consapevoli della nostra impotenza nel trovare e capire da soli la sua volontà per noi. Ma grazie alla nuova nascita in Gesù, diveniamo dimora dello Spirito, perciò in grado di essere guidati nel comprendere la sua volontà specifica per ciascuno di noi.

 

5.PAOLO USA UN LINGUAGGIO TRINITARIO NON CONFUSIONARIO (1:3-4)

 ‹‹Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Messia. Io ringrazio sempre il mio Dio per voi, per la grazia di Dio che vi è stata data nel Messia Gesù›› (1:3-4).

Su Gesù la cristianità usa di solito “un linguaggio confusionario”, non facendo una chiara distinzione fra la persona di Gesù e Dio Padre, usando poi il termine “Signore” in un modo ambiguo, nel quale non si capisce se ci si sta riferendo a Gesù o a Dio Padre. Nello scrivere «da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Messia», Paolo usa invece “un chiaro linguaggio trinitario”, del tutto simile a quello che troviamo nelle Lettere di Pietro e di Giovanni.

Essendo Figlio di Dio per nascita, Gesù ha la stessa natura del Padre, così come il figlio di un gatto ha la natura di un gatto. Gesù e il Padre sono uno nel senso che hanno la stessa natura divina, ma NON è il Padre a essere morto sulla croce e poi risorto!

Non ci dilunghiamo, perché ci saranno altre occasioni per approfondire, in particolare quando arriveremo a 8:6, dov’è scritto: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Messia, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo».

In un modo simile Paolo si esprime in 1Timoteo 2:5: «C’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, il Messia Gesù uomo». Gesù è qui esplicitamente definito uomo, mentre spesso si sottovaluta la sua natura umana, esaltando sostanzialmente solo la sua natura divina. Gesù nei Vangeli si presenta prima di tutto come uomo e poi fa emergere la sua natura divina. Anche negli annunci che troviamo negli Atti degli apostoli, Gesù è inizialmente presentato come uomo (per es. Atti 2:22-23; 17:31).

Paolo si relazionava concretamente con Gesù, come si può vedere in 2Corinzi 12:7-9, dove Paolo esprime il desiderio di essere liberato dalla spina che gli era stata messa nella carne: ‹‹Tre volte ho pregato il Signore, perché l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: “La mia grazia ti basta”››. Dal contesto immediato, e anche dall’inizio della 1Corinzi che stiamo esaminando, è chiaro che “Signore” si riferisca a Gesù, come avremo spesso modo di vedere.

Rivolgersi a Gesù con “Signore”, per Paolo, significava riconoscerlo come re, come nostro conduttore, come capitano sul campo di battaglia.

Paolo scrive ‹‹nel Messia Gesù››, perché si sentiva in Gesù, come parte del suo corpo (1Cor 12:27). Gesù ci pone all’interno del suo rapporto con il Padre ed è come interni della “famiglia di Dio” che siamo benedetti (per es. Giov 14:23; Efe 2:19). Un argomento complesso, ma che Paolo fa continuamente emergere nei suoi scritti, 1Corinzi compresa, come vedremo.