Vivere la signoria di Gesù- 2

«Gesù si avvicinò e parlò loro dicendo: “Ogni potestà mi è stata data in cielo e sulla terra”» (Matteo 28:18).

 

LA RICERCA DELLA VERA IDENTITÀ

Seconda parte: la natura divina

 

di Pasquale Aiello (09/12/21)

 

«La sua potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene per quanto riguarda la vita e la pietà, mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua gloria e potenza.  Con queste ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina, essendo sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza» (2Pietro 1:3-4).

 

In questa seconda parte della serie “La ricerca della identità” voglio affrontare cosa si intende per natura divina. L’argomento è rilevante, ma anche delicato, in quanto sono facili i malintesi, è perciò necessaria un’attenzione particolare.

Nella prima parte abbiamo visto che esistono due nature, quella umana (nascita naturale) e quella divina (nuova nascita). La trasformazione-santificazione è conseguente alla nuova nascita, non a quella naturale. La nuova nascita ha in sé la vita divina. Il nostro essere immagine di Dio viene da Adamo, ma la sua caduta ha comportato la morte, nella quale siamo coinvolti tutti noi discendenti. La nuova nascita in Gesù recupera la caduta di Adamo, rilanciando una natura divina anche oltre ciò che era Adamo prima della caduta.

Prima di affrontare l’argomento, esprimo brevemente alcune considerazioni, che non tutti sono disposti ad accettare. Ho infatti notato che la maggior parte dei commentatori biblici, siano preti, pastori, teologi o altro,  si preoccupa di essere credibile, mentre io non mi preoccuperò di esserlo, attenendomi al testo e dando alle parole il loro significato normale.

La Bibbia è principalmente un libro storico, dove troviamo scritto che Mosè aprì in due il Mar Rosso, violando le leggi della fisica e della natura; troviamo poi che Sansone, con una mascella d’asino, uccise mille uomini; la storia di Giona, invece, sembra che abbia del fiabesco. Gli autori della Bibbia, quindi, non si sono preoccupati di essere credibili, limitandosi a trascrivere gli eventi storici. Nei Vangeli e negli Atti degli apostoli troviamo aneddoti altrettanto incredibili e che vanno creduti per fede. Un vero credente non si pone troppe domande, ma crede nella parola di Dio scritta.

Nella soprastante citazione Pietro definisce i credenti come partecipi della natura divina. L’etimologia della parola “divino” deriva dal latino “divinus” , cioè che appartiene a Dio, che procede da Dio. Pietro afferma che l’uomo è stato reso partecipe di Dio stesso. In Giovanni 15:1-8, Gesù fa un esempio molto calzante, nel quale paragona se stesso alla vite e i credenti ai tralci. Quando parliamo della vite non facciamo distinzioni tra il tronco e i tralci, ma intendiamo l’intera pianta, quindi, Gesù ci sta dicendo che siamo tutt’uno con lui. Poco più avanti, rivolgendosi al Padre, Gesù dice: «Affinché siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi uno di noi» (Gio 17:21). Qualcuno potrebbe scandalizzarsi e chiedere: «Come possiamo essere uno con Gesù e di conseguenza uno con Dio?». Prima di rispondere alla domanda, facciamo alcune considerazioni sulla vite.

La vite viene impiantata solitamente non come seme, ma come barbatella, ovvero un rametto al quale si è fatte mettere le radici. Durante i primi tre anni non porta frutto, poi ne porta sempre di più, fino ad un massimo che si raggiunge intorno al settimo anno. La produzione dipende molto da come la vite viene potata, perché se uno la pota male, potrebbe anche danneggiarla. Ma se uno sa ben potare una vite, questa può produrre davvero tanto. Ci sono vari tipi di potature e portamenti per la vite, ma solitamente si lascia un tralcio lungo, che produrrà molto frutto, e uno corto nel lato opposto, che servirà l’anno dopo per formare il nuovo tralcio a frutto. Anche le gemme del ramo corto portano frutto, ma essendo solo due, sviluppano poi tralci più lunghi. Il tralcio a frutto è quello che porta le gemme che poi daranno origine ai grappoli. Questi ultimi derivano dalle gemme a fiore, che formano un’infiorescenza, ovvero un insieme di fiori, che poi per autofecondazione daranno origine agli acini di uva.  Ovviamente, se si rompe il peduncolo che porta il grappolo, il grappolo non cresce più e muore. Dopo la raccolta, quanto più l’uva è stata danneggiata tanto più velocemente si guasta. Per questo è importante portarla velocemente alla cantina per farla diventare vino. Il fiore si autofeconda, perché i petali coprono gli elementi che si fecondano come una campana di vetro, cadendo solo a fecondazione avvenuta.

Per avere una nuova vite si prende una porzione di tralcio (talea) e si tiene in un vaso con terra umida, fino a quando non ha prodotto le radici. Possiamo applicare questo esempio alla natura divina dell’uomo, la quale proviene direttamente da Dio, non solo prodotta da Dio, ma che è parte di Lui.

Alcuni mettono in dubbio questo mistero, perché chi si dichiara nato di nuovo non sempre lo manifesta con le opere buone (i frutti). Per i primi tre anni, però, la vite non dà frutto, raggiungendo il massimo soltanto al settimo anno. Anche nei neofiti bisogna aspettare che la natura divina prenda il sopravvento sulla vecchia natura e solo successivamente si possono vedere le buone opere.

Un altro elemento da considerare è che Gesù attribuisce al Padre il ruolo di agricoltore. Abbiamo visto che la vigna necessita di essere ben potata e trattata con attenzione anche durante la vendemmia, infatti, mani inesperte ne potrebbero compromettere la fruttuosità. In Isaia, al capitolo 5, c’è un esempio simile. Lì Israele viene paragonato a una vigna e Dio all’agricoltore, e si narra che il vignaiolo ha preparato il terreno, costruito una torre e un recinto, poi vi ha piantato delle viti di ottima scelta. Il credente si deve ritenere scelto da Dio, il quale se ne prende cura e, attraverso un lavoro invisibile, lo renderà fruttifero e santificato; dalla torre Dio guarda che nessuno si avvicini alla vigna per rovinarla e il recinto è la protezione divina.

Anche se Israele ha spesso deluso Dio servendo altri dei, alla fine, come scrive Paolo, tutto Israele sarà salvato. La stessa cosa vale per tutti quelli che credono in Gesù il Messia, nati di nuovo e fatti partecipi della natura divina. È scritto, infatti, che coLui che ha cominciato un’opera buona in voi la porterà a termine (Fil 1:6).

Per concludere, ripoto un versetto: «Ora invece, essendo stati liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi avete per frutto la santificazione, e per fine la vita eterna» (Romani 6:22).

Comunemente, come ho scritto sopra, si ritiene che il frutto siano le opere buone, ma qui Paolo aggiunge un particolare non indifferente, infatti, scrive che il frutto è anche la santificazione, e il fine è la vita eterna.

Abbiate per frutto la santificazione e per fine la vita eterna, che è il compimento dell’opera di Dio in chi è partecipe della natura divina.

 

Dio benedica riccamente la vostra preziosa vita. P.A.