Alessia Lanini

DA ADAMO AGLI APOSTOLI

Una panoramica di tutta la Bibbia basata sul testo in sé

Volume (da definire)

 

Scuola elementare di cristianesimo

Dialoghi sulla prima lettera di Paolo ai Corinzi, condotti da Fernando De Angelis

 

BOZZA 1 DEL DIALOGO 17: 1CORINZI 7:1-1

 

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Il file dei Dialoghi 1-5 è scaricabile dal post sul Dialogo 5. 

 

1.Introduzione

2.Matrimonio come “secondo livello”

3.Paolo in contrapposizione con il Cantico dei Cantici? (7:1)

4.Il matrimonio non risolve tutto e sempre (7:2-9)

5.Indissolubilità del matrimonio (7:10-11)

6.L’esempio sempre valido di Sara

 

Dialogo 17

1CORINZI 7:1-1

 

1.INTRODUZIONE

Fino al capitolo 6 Paolo ha parlato di quelli che considerava i problemi più urgenti e importanti da risolvere. Dal capitolo 7 al 10 affronta le questioni che gli erano state richieste, per poi riprendere con altre tematiche ritenute rilevanti. Così la 1Corinzi diventa una specie di piccola enciclopedia, dove vengono via via trattati molti argomenti.

In questo Dialogo affronteremo solo i primi 11 versetti del capitolo 7, facendo però cenno all’impostazione generale di tutto il capitolo. Anche qui, come spesso nella Bibbia, Paolo usa un approccio ciclico, con il tema che viene introdotto riassumendolo, viene poi sviluppato nelle sua varie sfaccettature, con la conclusione che ribadisce lo schema generale. Infatti, i primi due versetti costituiscono una sorta di titolo riassuntivo, dal versetto 3 al 5 troviamo un primo ciclo e dal 6 al 9 ce n’è un secondo. I successivi versetti 10-16 costituiscono un terzo ciclo, con i versetti 10 e 11 che già lo riassumono.

 

Questo capitolo 7 è molto particolare, impegnativo e per lo più poco apprezzato dai cristiani, specie se protestanti. È uno di quei passi della Bibbia che Fernando ha letto diverse volte e subito dopo lo ha cancellato dalla mente, facendo proprio ciò che rimprovera agli altri di fare.

Fernando rievoca un aneddoto di quando faceva l’insegnante. Un giorno interrogò un alunno di nome Guido, che rispose bene alla domanda. Fernando però si scusò, perché si accorse di averlo interrogato su una parte che lui stesso aveva detto di saltare. Avendo visto che lo studente aveva risposto ugualmente, gli chiese se fosse stato assente quando aveva detto di saltare quell’argomento. Ma Guido rispose: «No, lo sapevo. Ma io non salto niente, leggo tutto».

Sull’esempio di Guido, è importante leggere la Bibbia nella sua interezza, ma non tutto ha uguale importanza, come ci insegnano anche gli apostoli. Quando il carceriere di Filippi chiese cosa dovesse fare per essere salvato, Paolo non si mise a insegnargli tutta la Bibbia, ma gli trasmise l’essenziale: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato» (Atti 16:25-34). La stessa 1Corinzi ci fa vedere che l’insegnamento partiva da un nucleo centrale, che poi si allargava e si applicava a situazioni diverse. Si può leggere la Bibbia in più modi, ma riteniamo che quello migliore sia rappresentato da una lettura collegata alla propria vita e ad un relazionarsi con Dio. Facendone un piacere e non un sacrificio, con l’obiettivo di una personale crescita spirituale.

 

2.MATRIMONIO COME “SECONDO LIVELLO”

Dai primi 9 versetti si può vedere che Paolo descrive tre livelli di situazione. Il livello più alto è quello di una vita da single per volontà di Dio, cioè non per scelta di chi vuole fare un sacrificio, ma perché è Dio a rivolgergli questa specifica chiamata, dandogli la sua forza e il suo conforto per viverla.

Nonostante Paolo definisca questo livello come il migliore, Fernando confessa di non averlo mai detto a nessuno, esortando sempre i giovani a sposarsi, senza chiedere loro se fossero stati chiamati ad una vita da single. Anzi, quando qualcuno gli ha accennato alla volontà di vivere da single, gli è scattato subito l’allarme. Questo rivela che anche lui non ha assorbito questo insegnamento. Tuttavia, riflettendoci, gli viene in mente qualche caso di donna che ha scelto di essere single per dedicarsi all’opera di Dio, facendolo contenta del suo essere single. Non gli viene in mente nessun caso da lui conosciuto di uomo felicemente single, ma certamente ce ne sono. Ha anche conosciuto casi di donne che erano single non volendo e che si sono tuffate nell’opera di Dio anche per superare la delusione, esponendosi così a grandi rischi.

Per i protestanti il monaco è uno scandalo ed essi sono contrari alla vita da single. Il protestantesimo è una reazione al cattolicesimo, che ha fatto dei single, cioè di preti, monaci e monache, la sua struttura portante. Succede spesso che uno squilibrio porta a quello opposto, innescando un’oscillazione che va da un estremo all’altro. Un estremo ritiene pessimo l’altro e lo critica. Ognuno disubbidisce a suo modo, anziché mantenersi nell’equilibrio biblico, che tuttavia non è una moderata “via di mezzo”, perciò meglio definibile come complessità biblica.

Se diciamo che bisogna imitare Gesù e Paolo, che erano entrambi single, e poi rifiutiamo per principio la vita da single, cadiamo in contraddizione.

L’essere single deve derivare da una chiamata diretta di Dio, altrimenti la tappa naturale è di sposarsi, perché c’è un ordine generale del «crescete e moltiplicatevi» (Gen 1:22; 9:1,7). Il matrimonio è stato istituito da Dio e si può disattendere solo per motivi speciali. L’essere single è come camminare sulle acque, che si può fare solo se c’è una specifica chiamata.

Il secondo livello è costituito dallo sposarsi. Il matrimonio non viene perciò definito come il meglio, ma neanche come male, perché Paolo lo definisce comunque buono. Infine, c’è il terzo livello, che è quello pericoloso, cioè una vita da single senza vocazione.

Qualcuno potrebbe dire che questa è parola di Paolo e non di Gesù, che però aveva già in qualche modo esposto i tre livelli. In Matteo 19:10-12 è scritto: «I discepoli gli dissero: “Se tale è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene prender moglie”. Ma egli rispose loro: “Non tutti sono capaci di mettere in pratica questa parola, ma soltanto quelli ai quali è dato. Poiché vi sono degli eunuchi che sono tali dalla nascita; vi sono degli eunuchi, i quali sono stati fatti tali dagli uomini, e vi sono degli eunuchi, i quali si sono fatti eunuchi da sé a motivo del regno dei cieli. Chi può capire, capisca”». Gesù aveva detto ai discepoli che uno non poteva trattare la moglie come un giocattolo, che se non gli andava più bene la cambiava, ma che era invece vincolato. I discepoli hanno risposto che, se quelle erano le condizioni, non conveniva sposarsi, facendoci con queste parole ben capire l’impostazione culturale del loro ambiente. A quella loro reazione Gesù ha replicato che nessuno può evitare di sposarsi, se non coloro ai quali è dato, perché è la nostra natura biologica che ci costringe. Quando però l’essere single è qualcosa di «dato», allora rappresenta un dono di Dio, non una disgrazia.

Sarebbe bene che un giovane si chiedesse se Dio lo chiama ad essere single. Bisogna fare però molta attenzione, perché se ci illudiamo che Dio ci chiama a camminare sulle acque e poi non è davvero così, affoghiamo. Anche in queste parole di Gesù, dunque, vediamo i tre livelli: quello più alto del single chiamato da Dio, quello “normale” del matrimonio e, infine, quello di una condizione disagiata e pericolosa di chi è single contro la sua volontà.

 

3.PAOLO IN CONTRAPPOSIZIONE CON IL CANTICO DEI CANTICI? (7:1)

«Or quanto alle cose di cui mi avete scritto, è bene per l’uomo non toccare donna» (7:1).

Paolo valuta che è bene per l’uomo non toccare donna, ma subito dopo dice che ogni uomo deve avere la propria moglie e ogni moglie il proprio marito, in modo da evitare le fornicazioni. Fin dall’inizio del capitolo è quindi precisata la cosa migliore, cioè l’essere single, e ciò che è pur sempre buono, cioè il matrimonio.

Il 22 maggio 2021, una settimana prima di quando si è svolto questo Dialogo sulla 1Corinzi, abbiamo organizzato un’intera giornata per dialogare sul Cantico dei Cantici, di cui i video sono disponibili sul nostro canale YouTube “Progetto Bereani”. In quell’occasione abbiamo esaltato il matrimonio, ovvero l’amore coniugale tra un uomo e una donna, che scelgono di donarsi l’uno all’altro uniti da un patto; qui sembra, invece, che ci ritroviamo a fare il contrario dell’esaltare il matrimonio. Che dice dunque la Bibbia? Questa domanda nasconde in realtà una stortura, che consiste nel considerare la Bibbia come se fosse un trattato filosofico, scritto tutto insieme e concepito fin dall’inizio in un certo modo, mentre la Bibbia è una rivelazione storica.

Il Cantico dei Cantici esalta la vita coniugale in un momento in cui i credenti avevano un loro Stato, una loro libertà, avendo l’opportunità di manifestare pienamente le benedizioni di Dio. Le lettere di Paolo, invece, sono scritte in un contesto di persecuzione. Bisogna poi aver presente che è con Daniele, non prima, che Dio rivela in modo esplicito la risurrezione, perciò l’invito di Paolo a non sposarsi tiene conto della risurrezione. Gesù lavorò tranquillamente a Nazareth per trent’anni e poi predicò per soli tre anni, morendo subito dopo. Se non fosse risorto, la sua vita sarebbe stata un fallimento. Anche Stefano, che fu lapidato, sarebbe un “poveretto”, senza la risurrezione. Paolo più avanti scriverà così ai Corinzi: «Se abbiamo sperato nel Messia per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini». «Se i morti non risuscitano, “mangiamo e beviamo, perché domani morremo”» (1Cor 15:19,32).

L’insegnamento che è bene per l’uomo di non toccare donna, dunque, avviene in un certo momento. Dio invita a farlo donandoci un’assistenza particolare dello Spirito Santo e la promessa della risurrezione, che non è soltanto una promessa, perché è già stata constatata e toccata con mano nei riguardi di Gesù.

Il Cantico dei Cantici ha molto da dirci anche oggi e l’incastro con la 1Corinzi è dato dal tempo, poiché sono rivelazione distanti nel tempo e che si riferiscono a circostanze diverse, da adattare come sempre alle nostre circostanze. In un contesto come quello italiano, per il momento abbastanza tranquillo, è facile accogliere l’invito dell’Ecclesiaste: «Godi la vita con la moglie che ami […] poiché questa è la tua parte nella vita» (Eccl 9:9). Se però ci sono le persecuzioni, o per chi è chiamato ad una vita di testimonianza come quella di Paolo, il matrimonio potrebbe non essere la scelta migliore. Come avrebbe fatto Paolo a curarsi di una famiglia con il tipo di vita che faceva?

L’invito di Paolo a una vita da single non viene da una convinzione filosofica, ma dall’esperienza che ne stava facendo. Ciò vuol dire che funziona! Ma funziona se è Dio che ci manda ed è Dio che ci assiste. Avere una moglie al proprio fianco è piacevole, ma vedere una prigione dove si è rinchiusi che si apre miracolosamente è pure una bella cosa. Paolo, dunque, non si considerava una vittima sacrificale, ma uno prescelto, favorito e benedetto da Dio per ciò che era stato chiamato a fare.

C’è anche un altro single che non andrebbe trascurato, ovvero Giovanni Battista. Nel libro sul Vangelo di Matteo ne abbiamo vista la complessità e ora non è il caso di soffermarcisi. Con lui, comunque, ha inizio questa nuova “fase dei tre single”: il Battista, Gesù e Paolo.

 

4.IL MATRIMONIO NON RISOLVE TUTTO E SEMPRE (7:2-9)

«Ma, per evitare le fornicazioni, ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito» (7:2).

È evidente che Paolo considera implicita la monogamia. Parla infatti della «propria moglie» e del «proprio marito» al singolare. È la monogamia che troviamo alle origini, con Adamo ed Eva. Il Nuovo Testamento ritorna perciò alle origini, anche se siamo convinti che non ci sia stato un superamento formale e ufficiale della poligamia, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di precisare che il vescovo deve essere marito di una sola moglie (1Tim 3:12). Alcuni lo interpretano nel senso che il vescovo non deve essere un vedovo che si è risposato, ma ciò non sarebbe stato un vero problema. Se invece fosse stato poligamo, non avrebbe riflettuto al meglio l’insegnamento di Dio. L’avere più di una moglie poteva essere tollerato in un credente qualsiasi che si trovasse in quella condizione, ma né un vescovo e né un anziano (Tito 1:5-6) potevano essere poligami. In questo caso come in altri, perciò, quelle che sono spesso viste come novità introdotte dal Nuovo Testamento, in realtà non sono vere novità.

Più che evitare la fornicazione, il matrimonio aiuta a evitarla. Può infatti succedere che il coniuge sia indisponibile in certi momenti per vari motivi, come essere assente, o malato, oppure perché si rifiuta. Facciamo il caso di un giovane che decide di sposarsi perché, specie quando è a lavorare e sta a contatto con certe donne, non riesce a contenersi. Da sposato può accadere che la sera vada letto e abbia sotto le lenzuola la moglie semi-svestita che però gli dice di no, sperimentando dunque una maggiore difficoltà a contenersi che nell’ambiente di lavoro.

Se perciò un giovane non si allena a governare la propria sessualità, è spacciato; il matrimonio non risolve completamente il problema e lui resterà vittima di quel vizio. Nell’adolescente l’istinto è forte e questo è anche il periodo più creativo sul piano intellettuale. Per poter governare il proprio corpo bisogna perciò sviluppare il cervello, altrimenti non è il cervello che comanda il corpo, ma il contrario. Allenarsi a governare il proprio corpo, comunque, riguarda molti aspetti e tutte le età.

 

«Il marito renda alla moglie ciò che le è dovuto; lo stesso faccia la moglie verso il marito» (7:3).

È superfluo specificare cosa sia dovuto alla moglie dal marito e al marito dalla moglie. È invece interessante notare che, nella mentalità ebraica, la donna ha diritto ad avere rapporti sessuali con il marito con una frequenza minima stabilita, perché il marito non deve trascurare la propria moglie e darle l’opportunità di rimanere incinta. Mentre nella mentalità italiana i “doveri coniugali” si riferiscono più alla moglie.

 

«La moglie non ha potere sul proprio corpo, ma il marito; e nello stesso modo il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie» (7:4).

Facciamo un esempio. C’è una coppia sposata, in cui la moglie ha una bicicletta e il marito no. A un certo punto anche il marito vuole la bicicletta, così la moglie gli dice: «Guarda, a me la bicicletta non m’interessa più e se vuoi te la regalo». Il marito accetta il regalo della moglie e la bicicletta è ora sua. Un giorno il marito vuole fare un giro in bici e così chiede alla moglie se la può prendere. La moglie gli risponde: «Ma te l’ho regalata! È tua». Il marito ribatte sorpreso: «Allora la posso usare senza chiedere il permesso?». E la moglie asserisce.

L’analogia è solo parziale, perché un’unione coniugale è concepibile solo se i due sono d’accordo e certamente Paolo non autorizza la violenza, però per lui basta che lo desideri uno e l’altro non dovrebbe opporsi, perché il suo corpo non gli appartiene più e il rifiuto dovrebbe avere adeguate motivazioni. Aggiungiamo che, se un coniuge è sistematicamente troppo stanco, è doveroso che organizzi la propria vita in modo diverso, per esempio riducendo il lavoro o altri impegni, perché avere una buona relazione con il proprio coniuge non è secondario. E se non sappiamo come fare, chiediamolo a Dio, perché se lui ci dice di fare qualcosa, ci darà anche il modo per farla.

 

«Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza» (7:5).

Abbiamo visto che per esserci un rapporto coniugale basta che lo proponga uno, mentre qui vediamo che per l’astinenza bisogna essere entrambi d’accordo. È dunque chiaro il tipo di relazione che Paolo delinea.

 

«Ma questo dico per concessione, non per comando; io vorrei che tutti gli uomini fossero come sono io; ma ciascuno ha il suo proprio dono da Dio; l’uno in un modo, l’altro in un altro. Ai celibi e alle vedove, però, dico che è bene per loro che se ne stiano come sto anch’io. Ma se non riescono a contenersi, si sposino; perché è meglio sposarsi che ardere» (7:6-9).

Qui ricomincia un altro ciclo, perché Paolo riprende concetti che aveva già espressi, ampliandoli e cogliendo qualche aspetto in più. Concludendo con una famosa sintesi: «Meglio sposarsi che ardere».

 

5.INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO (7:10-11)

«Ai coniugi poi ordino, non io ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito (e se si fosse separata, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito); e che il marito non mandi via la moglie» (7:10-11).

Tornando sul tema del matrimonio, Paolo ne afferma l’indissolubilità. Questo concetto si vede anche in Matteo 19:6, dove Gesù dice: «Quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi». Come abbiamo già detto, l’unione matrimoniale diventa indissolubile nei figli, nei quali i due genitori sono rappresentati in un modo che non è più possibile districare.

Gesù dice anche che non è lecito mandare via la moglie, salvo che «per motivo di fornicazione» (Mat 19:9). La nostra convinzione è che, di fronte a una moglie che tradisce il marito, il marito ha diritto di mandarla via, ma solo in questo caso. Infatti, la moglie che ha tradito il marito e resta incinta di un altro, porta poi a casa figli che non sono del marito, così il marito dovrebbe curarsi di figli che sono frutto del tradimento. La simmetria però non è scontata, perché quando nella Bibbia si parla di marito, non si intende anche la moglie, altrimenti troveremmo scritto «il coniuge», anziché «il marito». Nell’Antico Testamento troviamo esempi di uomini che avevano più di una moglie e la cosa era tollerata da Dio, ma non troviamo donne che avevano più mariti contemporaneamente. Questa è dunque un’asimmetria e per noi, che viviamo nell’era della “uguaglianza a tutti i costi”, è difficile da accettare.

 

 

 

 

 

6.L’ESEMPIO SEMPRE VALIDO DI SARA

 

Se ci si azzarda a far notare che Sara considerava “signore” suo marito Abramo, è facile che anche da parte di cristiani ci venga risposto: «Ma che vogliamo tornare al Medioevo? La parità della donna è una conquista indiscutibile! L’Antico Testamento è superato». Se precisiamo che nella 1Pietro troviamo l’invito a seguire l’esempio di Sara, allora capita che ci venga replicato che è perché Pietro aveva ancora capito poco e ragionava ancora da Ebreo, mentre è Paolo che dobbiamo considerare pienamente affidabile.

In 1Corinzi 10:11-13, però, Paolo afferma che le cose riportate in Esodo, «avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche […] Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne». Paolo afferma che l’Antico Testamento non era superato e l’Esodo non è solo il libro del rigore e della legge Dio, ma anche quello dove c’è la manna e le quaglie, dove Dio fa scaturire l’acqua dalla roccia. Ai grandi problemi connessi alla vita con Dio c’era perciò collegata la grande potenza di Dio, che permetteva di andare oltre l’impossibile. Alla fine della citazione è scritto che «con la tentazione vi darà anche LA VIA di uscirne». Dio non ci lascia soli con le nostre difficoltà, non ci ha dato solo un libro per istruirci (la Bibbia), ma per ogni situazione ci è promesso che ci farà capire UNA VIA di uscita da quelle particolari difficoltà.

Pietro dunque non è superato ed è bene considerare più ampiamente il suo insegnamento. In 1Pietro 3:1-7 è scritto: «Anche voi, mogli, siate sottomesse ai vostri mariti perché, se anche ve ne sono che non ubbidiscono alla parola, siano guadagnati, senza parola, dalla condotta delle loro mogli, quando avranno considerato la vostra condotta casta e rispettosa. Il vostro ornamento non sia quello esteriore, che consiste nell’intrecciarsi i capelli, nel mettersi addosso gioielli d’oro e nell’indossare belle vesti, ma quello che è intimo e nascosto nel cuore, la purezza incorruttibile di uno spirito dolce e pacifico, che agli occhi di Dio è di gran valore. Così infatti si ornavano una volta le sante donne che speravano in Dio, restando sottomesse ai loro mariti, come Sara che obbediva ad Abraamo, chiamandolo signore; della quale voi siete diventate figlie facendo il bene senza lasciarvi turbare da nessuna paura. Anche voi, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto alla donna, come a un vaso più delicato. Onoratele, poiché anch’esse sono eredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite». Se una donna ha un marito che non è credente e che quindi si comporta da tale, la moglie credente è invitata ad insegnare al marito la verità di Dio «senza parola», attraverso una «condotta casta e rispettosa», anche quando il marito non se lo merita. Pietro invita poi le donne ad abbellirsi nello spirito, più che nell’esteriorità, come spesso le donne cercavano e cercano di fare. Se si abbagliano gli uomini con le esteriorità, essi restano attratti per poco tempo, scappando quando si accorgono che “la mela è marcia” all’interno. C’è infine l’invito ai mariti di rispettare le proprie mogli, affinché le loro preghiere a Dio non siano impedite.

Raccontiamo ora una storiella. Una giovane, figlia di un imprenditore, aveva sposato un dipendente del proprio padre. Ad un certo punto suo marito ha iniziato ad insistere in un comportamento anche dopo che lei gli aveva manifestato il suo esserne disturbata. Allora la moglie ha cessato di parlarne al marito ed è andata da suo padre. Ci penserà poi suo padre a dire qualcosa al marito. L’applicazione è che una donna che crede nel Dio vivente, se c’è un problema che non riesce a risolvere con il proprio marito, ne parla al Signore del suo marito. A volte invece la moglie non si limita a tentare di convincere il marito, ma insiste fino all’eccesso, irritandolo ancora di più e con la situazione che va di male in peggio.

Torniamo a Sara e vediamo cosa è scritto in Genesi 18:12: «Sara rise dentro di sé, dicendo: “Vecchia come sono, dovrei avere tali piaceri? Anche il mio signore è vecchio!”». Sara non chiamava Abramo “signore” solo in pubblico, ma anche quando pensava tra sé. Vediamo ora altri due passi che mostrano il comportamento di Sara e i risultati che ottiene.

Genesi 16:5-6: «Sarai (Sara) disse ad Abramo: “L’offesa fatta a me ricada su di te! Io ti ho dato la mia serva in seno e, da quando si è accorta d’essere incinta, mi guarda con disprezzo. Javè sia giudice fra me e te”. Abramo rispose a Sarai: “Ecco, la tua serva è in tuo potere; falle ciò che vuoi”. Sarai la trattò duramente e quella se ne fuggì da lei». Sara ha chiesto ad Abramo di prendere un provvedimento che riteneva giusto, ma riconoscendo che non stava a lei giudicare; perciò conclude lasciando tutto nelle mani di Javè, che farà da giudice tra i due. Se una donna ha un’evidente intimità con Dio, quando invoca la giustizia di Dio incute timore. Abramo ha infatti avuto subito timore di Dio, non di Sara. La conclusione è stata che Sara ha ottenuto giustizia, ma non perché si è messa a tormentare Abramo, bensì perché si è rimessa nelle mani di Dio. Il coniuge che subisce un torto vuole in genere far valere le sue ragioni, che a volte ci sono, ma se rinunciamo alle nostre ragioni per amore di Dio e ci appelliamo al Dio vivente, con il quale abbiamo un rapporto vivente, Dio è molto più efficace di noi.

Genesi 21:9-13: «Sara vide che il figlio partorito ad Abraamo da Agar, l’Egiziana, rideva; allora disse ad Abraamo: “Caccia via questa serva e suo figlio; perché il figlio di questa serva non dev’essere erede con mio figlio, con Isacco”. La cosa dispiacque moltissimo ad Abraamo a motivo di suo figlio. Ma Dio disse ad Abraamo: “Non addolorarti per il ragazzo, né per la tua serva; acconsenti a tutto quello che Sara ti dirà, perché da Isacco uscirà la discendenza che porterà il tuo nome. Anche del figlio di questa serva io farò una nazione, perché appartiene alla tua discendenza”». Sara ottiene ciò che chiede, perché Dio interviene. Dio sa parlare ai nostri coniugi, se noi sopportiamo ingiustizie per amore suo e ci rimettiamo a lui.

Giuseppe era fidanzato con Maria e non avevano avuto rapporti prematrimoniali. Quando si accorse che era incinta, accettò ugualmente di sposarla perché Dio gli parlò (Mat 1:18-25).

Alcuni coniugi che si dicono credenti credono in un libro (la Bibbia), nella religione, nelle regole, riponendo la propria fede in un codice morale. Tutto ciò non è male, ma è insufficiente, perché è come credere in un Dio assente, se non addirittura morto. Sarebbe come credere in Dante Alighieri, che è morto, ma ci ha lasciato i suoi libri.

Il tipo di fede che siamo chiamati a vivere è invece la fede nel Dio vivente. A questo riguardo c’è un altro esempio luminoso nella Bibbia, che vedremo alla fine di questo capitolo 7. Si tratta della donna che consideriamo più spirituale di tutto l’Antico Testamento, ma che è poco conosciuta. Questa donna, cioè Abigail (1Sam 25), aveva instaurato una profonda sintonia con Dio, nonostante avesse un marito stolto e ubriacone.