Alessia Lanini

DA ADAMO AGLI APOSTOLI

Una panoramica di tutta la Bibbia basata sul testo in sé

Volume (da definire)

 

Scuola elementare di cristianesimo

Dialoghi sulla prima lettera di Paolo ai Corinzi, condotti da Fernando De Angelis

 

BOZZA 1 DEL DIALOGO 15: Approfondimento n. 9
LA SESSUALITÀ: UN DONO DI DIO DA VIVERE IN DIO

 

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Il file dei Dialoghi 1-5 è scaricabile dal post sul Dialogo 5. 

 

A.Introduzione

B.La sessualità non va demonizzata, ma santificata

C.La sessualità nel Nuovo Testamento si basa sull’Antico

D.La pietra angolare della sessualità è posta in Genesi

E.La difficoltà di trovare nella Bibbia dei modelli esemplari

F.Nei Proverbi troviamo un anticipo del Cantico dei Cantici

G.L’Ecclesiaste riprende i tre comandamenti di Dio presenti in Genesi

H.Conclusione

 

Dialogo 15

Approfondimento n. 9

LA SESSUALITÀ: UN DONO DI DIO DA VIVERE IN DIO

 

A.Introduzione.

In 1Corinzi 6:13 Paolo scrive che «il corpo non è per la fornicazione, ma è per il Signore [Gesù]». Dicendo «il corpo», è chiaro che Paolo si stia riferendo a TUTTO il corpo del credente, non ad una sola parte. Paolo invita così implicitamente a santificare tutto il corpo e, dato che sta parlando della fornicazione, l’invito è rivolto a santificare anche la propria sessualità, obiettivo che spesso rimane di lato. È quindi opportuno soffermarcisi un po’.

Siamo convinti che la Bibbia sia chiara sul tema della sessualità e voglia farci comprendere quale sia l’impostazione di Dio, quindi approfondiremo questo tema non per far prevalere un’idea su un’altra, ma per cercare di far emergere il significato del testo biblico in sé.

 

B.La sessualità non va demonizzata, ma santificata.

Quando qualcuno predica, solitamente ha l’uditorio davanti a sé e lo conosce, ma essendo noi “online”, dobbiamo supporne uno e ce lo immaginiamo come composto da due interlocutori rappresentativi. Il primo è uno dei molti italiani che, quando si parla del peccato di Adamo, vede nel famoso frutto proibito un peccato di tipo sessuale, pensando che il peccato originale sia stato quello di avere un rapporto sessuale, tant’è che alcuni usano una mela morsicata come simbolo di questo tipo di trasgressione. Questo perché la mentalità italiana è influenzata da un cattolicesimo che fa della castità un elemento essenziale della classe sacerdotale mediatrice, che vede Maria sempre vergine, cioè senza sessualità, compreso Giuseppe, suo marito. Di conseguenza, tutto ciò che ha a che fare con il sesso viene ricollegato a qualcosa di sporco. Qualche decennio fa, ma un po’ anche oggi, quando un bambino chiedeva com’era nato, i genitori iniziavano con lunghi discorsi su cicogne e cavoli, per cui o appartenevi al gruppo dei “portati dalla cicogna” o a quello dei “trovati sotto un cavolo”.

Il secondo interlocutore che ci immaginiamo è invece l’evangelico medio italiano, che definiremo “sopra la cintura”. È sì evangelico, ma è anche italiano, perciò risente della mentalità del primo interlocutore. C’è poi una motivazione storica più generale, dato che la riforma protestante di Lutero si è rivolta soprattutto alla mente, al pensiero e alla teologia delle persone. Lutero pensava che si sarebbero ottenuti grandi risultati con una giusta teologia, ma queste chiese erano fatte di persone battezzate da neonate, in quanto Lutero conservò questa pratica, perciò molte non erano costituite da veri “nati di nuovo” e non si interessavano granché della vita cristiana. È per questo che, in seno al protestantesimo, si sviluppò il cosiddetto movimento pietista, per il quale non bisognava essere credenti solo con la testa, ma era necessario esserlo anche con il cuore.

Gli evangelici italiani sono figli di questo movimento pietista, perciò non considerano veri credenti quelli che hanno solo una giusta dottrina, bensì quelli nei quali questa dottrina è scesa nel cuore. Le parti che vengono più coinvolte dalla fede e dalla santificazione sono perciò la testa e il cuore, in un movimento a scendere che si ferma non di rado alla cintura. Alcuni pensano più o meno così: «Sotto la cintura sono affari miei, in quelli Dio non c’entra». Purtroppo, però, molti problemi vengono ai credenti e alle chiese proprio da questioni che hanno origine da sotto la cintura.

 

C.La sessualità nel Nuovo Testamento si basa sull’Antico.

Nel Nuovo Testamento il tema della sessualità è presente in varie parti, ma nella 1Corinzi se ne ha un concentrato. I capitoli 5 e 6 riguardano la fornicazione, nel capitolo 7 si parla del matrimonio, mentre la prima parte del capitolo 11 tratta il rapporto uomo-donna in generale. È proprio alla 1Corinzi che, giustamente, molti credenti si rivolgono quando si trovano di fronte a controversie su questi temi. Dobbiamo però porci una domanda: quando Paolo insegnava si basava sul Nuovo Testamento? Certo che no! Dato che esso era ancora in formazione e Paolo, più che leggerlo, lo scriveva. Sembra chiaro che le varie parti del Nuovo Testamento non siano altro che studi biblici basati sull’Antico Testamento. Paolo infatti citava l’Antico Testamento, perché era quella la Parola di Dio considerata di riferimento.

L’insegnamento sulla sessualità che troviamo nel Nuovo Testamento è abbastanza chiaro e Paolo lo spiega bene ai Corinzi. Questo insegnamento era per loro necessario perché, essendo Gentili, non conoscevano l’Antico Testamento, mentre agli Ebrei certe cose non ci sarebbe stato bisogno di dirle. Andiamo dunque a vedere il retroterra dell’Antico Testamento, per comprendere meglio ciò che Paolo dice.

 

D.La pietra angolare della sessualità è posta in Genesi.

Non vogliamo fare grandi discorsi sulla sessualità, ma tracciare una cornice che possa orientarci e che è rintracciabile nell’Antico Testamento. Quando si vuole affrontare un tema nella Bibbia, in Genesi c’è di solito il fondamento che poi orienta tutto.

In Genesi 1:27-29 è scritto: «Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra”. Dio disse: “Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento”». Dopo aver creato l’uomo e la donna, Dio disse loro tre cose: allevate figli, mangiate e contribuite al progresso. L’ultimo comandamento lo si può comprendere meglio vedendo che Dio dà loro la Terra dicendo di rendersela soggetta, perciò c’è un lavoro, un impegno a cui l’umanità è chiamata. Mentre un topo va alla ricerca del cibo ma non lavora e non trasforma la terra, l’uomo è chiamato a coltivare e a rendersi soggetta la Terra, prendendo esempio da Dio che «piantò un giardino in Eden» (Gen 2:8). Oggi siamo arrivati al punto che stiamo distruggendo la terra, perciò dobbiamo ricordarci che Dio ha chiamato l’uomo anche a custodirla, come è scritto in Genesi 2:15: «Dio Javè prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse».

Dei tre compiti dati ad Adamo ed Eva, il primo è di riempire la Terra, naturalmente di figli. Non c’è bisogno di spiegare cosa erano chiamati a fare per riempire la Terra di figli, ma è evidente che il peccato originale non possa essere un peccato sessuale, perché la sessualità era un ordine di Dio e non una sua proibizione. Come è anche chiaro in Genesi 2:24: «Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne».

Due coniugi diventano «una stessa carne» per tempi brevi e questo è il significato più esplicito, ma il frutto di quei momenti è un figlio, nel quale la mescolanza delle due carni è permanente. In Matteo 19:26 Gesù dice: «Quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non lo separi». Riguardo a questa indissolubilità del matrimonio si possono fare tanti discorsi, anche giusti, ma Dio unisce le due carni nei figli e questa unione l’uomo non potrà più separarla. L’uomo e la donna sono stati creati da Dio perché stiano bene insieme, la sessualità non è perciò qualcosa di sporco ma di santo, essendo un comandamento di Dio.

In Genesi 3:6 vediamo cosa fecero Adamo ed Eva poco dopo: «La donna osservò che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò». Dio aveva costituito Adamo come il capo e la donna come un aiuto. Anziché essere un aiuto, Eva prende l’iniziativa, mangia il frutto dell’albero da cui Dio aveva ordinato di non mangiarne (cfr. Gen 2:16-17), poi è come se Eva dicesse ad Adamo: «Tu che fai? Se lo mangi, condividiamo la sorte, sennò divorziamo e ognuno va per la sua strada». Adamo, mangiando il frutto, sceglie la donna invece che Dio. Questo sì che è il peccato originario! Perché Adamo mette la donna al posto di Dio. Siamo convinti che solo un credente radicato in Dio possa resistere a una donna che vuole comandarlo, perché gli uomini sono forti, ma fragili, quindi poi si arrendono come Adamo. Vorremmo porre una domanda al lettore: «Quanti mariti, fra tutte le coppie che conosci, di fronte ad una presa di posizione della moglie, sanno mantenere la decisione giusta?». Secondo noi, sono la minoranza. C’è dunque un pervertimento del rapporto uomo-donna, perché l’uomo non riesce più ad essere capo, cioè rappresentate di Dio; mentre la donna, discendente di Eva, non trova facile essere sottomessa, quindi prende l’iniziativa e si dichiara “sottomessa” solo se il marito le dà retta.

 

E.La difficoltà di trovare modelli esemplari di rapporto coniugale.

Dove troviamo nella Bibbia un modello esemplare di rapporto coniugale, per il quale possiamo dire: «Non dobbiamo seguire l’esempio di Adamo ed Eva, ma di Tizio e Caia»? Nella Bibbia troviamo coppie che presentano aspetti positivi, ma se poi andiamo a fare le somme, troviamo che sono modelli problematici. Abbiamo già visto che Adamo ed Eva non sono un modello. Poco dopo troviamo un altro esempio negativo, cioè quello di Lamec, discendente di Caino, che fu un poligamo violento (Gen 4:4-23). Per Abramo, invece, sembrava andare tutto piuttosto bene fino alla questione di Agar. Abramo non ha colpe e non si trattò di tradimento, in quanto fu la moglie a dirgli di unirsi alla sua schiava. Tuttavia Abramo si ritrovò poi a dovere cacciare via Agar e il figlio che aveva avuto da lei, quindi anche qui non abbiamo una storia esemplare (Gen capp. 16 e 21). Dopo ci furono Isacco e Rebecca, la cui storia è magnifica, ma poi Rebecca fa travestire il figlio Giacobbe, ingannando il marito, perciò non è un bell’esempio (Gen capp. 24 e 27).

C’è poi Giacobbe, con le due mogli e le due schiave che ne divennero concubine. Una storia complicata, portata avanti da Dio per arrivare ad avere 12 figli maschi, che sarebbero stati i capostipiti delle 12 tribù. Questo era un obiettivo non raggiungibile con una sola donna, perché un popolo con una sola coppia capostipite manifesterà poi gravi problemi genetici, perciò i geni “esterni” delle due schiave erano necessari. Neanche questa storia è un buon modello (Gen capp. 29 e 30). Si arriva poi a Davide e Salomone, anche loro non proprio esemplari sul campo della sessualità (2Sam 11; 1Re 11).

Facendo un passo indietro, vediamo che Mosè, al ritorno dall’Egitto, sembra dimenticarsi della moglie e dei figli, riportatagli dal suocero (Eso 18:5), poi aveva sposato una Cuscita, cioè una straniera, scelta criticabile per il ruolo che rivestiva (Num 12:1; 21:4). Concludendo, dopo il fallimento della prima coppia, pare che nemmeno in seguito si trovino modelli adeguati.

 

F.Nei Proverbi troviamo un anticipo del Cantico dei Cantici.

Con i suoi due capitoli nella 1 Corinzi (5 e 6) sembra che Paolo si dilunghi sulla fornicazione, ma i Proverbi lo fanno ancora di più (cfr. 2:16-22; cap. 5; 6:24 a 7:27). La Bibbia ne parla così tanto perché su questo è purtroppo facile essere un po’ “duri d’orecchi”. C’è un passo dei Proverbi che insegna con una modalità particolare e, se ci facciamo bene attenzione, può costituire la chiave di comprensione del Cantico dei Cantici.

In Proverbi 5:1-5 è scritto: «Figlio mio, sta’ attento alla mia saggezza […] le labbra dell’adultera stillano miele, la sua bocca è più morbida dell’olio; ma la fine a cui conduce è amara come l’assenzio, è affilata come una spada a doppio taglio. I suoi piedi scendono alla morte, i suoi passi portano al soggiorno dei morti». Il giovane viene avvertito del fatto che l’adultera è attraente, ma assomiglia ad un’esca e chi ci casca non trova la felicità, ma la morte. Insiste su ciò che bisogna evitare fino al v. 14, poi prosegue ponendo davanti un modo positivo di vivere la sessualità, come ora vediamo.

In Proverbi 5:15-20 si legge: «Bevi l’acqua della tua cisterna, l’acqua viva del tuo pozzo. Le tue fonti devono forse spargersi al di fuori? I tuoi ruscelli devono forse scorrere per le strade? Siano per te solo, e non per gli stranieri con te. Sia benedetta la tua fonte, e trova gioia nella sposa della tua gioventù. Cerva d’amore, capriola di grazia, le sue carezze t’inebrino in ogni tempo, e sii sempre rapito nell’affetto suo. Perché, figlio mio, ti innamoreresti di un’estranea, e abbracceresti il seno della donna altrui?». Dopo avergli detto di non andare dalla prostituta e di non fornicare, i Proverbi dicono al giovane di bere l’acqua della sua cisterna e l’acqua viva del suo pozzo. Poi si parla di fonti e di ruscelli. Il contesto indica che si sta trattando il tema della sessualità e viene il dubbio che sia stata introdotta una parentesi. Poi c’è una specie di traduzione: «Sia benedetta la tua fonte, e trova gioia nella sposa della tua gioventù». La propria fonte, allora, non è altro che la propria sposa. È perciò evidente che i Proverbi stiano qui usando un linguaggio simbolico: che non scandalizza il bambino, che un adolescente capisce un po’ di più e che un uomo sposato trova sufficientemente chiaro.

Il brano prosegue con «cerva d’amore, capriola di grazia, le sue carezze t’inebrino in ogni tempo». La sposa viene rassomigliata ad una cerva e ad una capriola e il giovane è invitato a ubriacarsi con le sue «carezze», un termine che altre traduzioni rendono con «mammelle» (Diodati) e con «seno» (Concordata e TILC). L’invito è poi ribadito con un «sii sempre rapito nell’affetto suo». Possiamo riconoscere qualche merito a Francesco d’Assisi e al cristianesimo medievale, ma non possiamo sopportare il loro aver messo la sofferenza, l’astinenza, l’evitare il piacere come elementi di santità, promuovendo così una teologia di morte, dalla quale ringraziamo Dio di essere stati liberati mediante Lutero. Tornando al passo di Proverbi, prosegue dicendo: «Perché, figlio mio, ti innamoreresti di un’estranea, e abbracceresti il seno della donna altrui?». C’è allora un chiaro parallelismo, messo un po’ in ombra dove si usa la parola «carezze», che possiamo così riassumere: «Abbraccia il seno della tua sposa e non abbracciare il seno della donna altrui».

Il linguaggio figurato era opportuno perché la Parola di Dio veniva letta in famiglia, o in pubblico, alla presenza anche dei bambini. Questo linguaggio lo ritroviamo in vari passi del Cantico dei Cantici, ma ne prenderemo in considerazione soltanto uno, perché su questo libro ci soffermeremo presto con una “Giornata di riflessione online” (sabato 22 maggio 2021).

Nel Cantico (4:15 fino 5:1), è scritto: «(LUI) Tu sei una fontana di giardino, una sorgente d’acqua viva, un ruscello che scende giù dal Libano. (LEI) Sorgi, vento del nord, e vieni, vento del sud! Soffiate sul mio giardino, perché se ne spandano gli aromi! Venga l’amico mio nel suo giardino e ne mangi i frutti deliziosi! (LUI) Sono venuto nel mio giardino, o mia sorella, o sposa mia; ho còlto la mia mirra e i miei aromi; ho mangiato il mio favo di miele; ho bevuto il mio vino e il mio latte. Amici, mangiate, bevete, inebriatevi d’amore!». In modo analogo al passo di Proverbi visto sopra, torna qui la «sorgente», si parla di acqua da bere, si evocano elementi della natura, concludendo con l’invito ad ubriacarsi d’amore con la propria moglie.

Insomma, mentre i Proverbi insegnano come dev’essere un sano rapporto fra marito e moglie, fatto di gioia esclusiva e reciproca, il Cantico dei Cantici è la descrizione della realizzazione dell’invito fatto nei Proverbi e che si ricollega a Genesi.

 

G.L’Ecclesiaste riprende i tre comandamenti di Dio presenti in Genesi.

Nonostante sia un po’ un artificio, c’è un passo dell’Ecclesiaste che si presta bene a fare da commento a Genesi 1:27-29, che abbiamo visto nel paragrafo D. In Ecclesiaste 9:7-10 leggiamo: «Va’, mangia il tuo pane con gioia, e bevi il tuo vino con cuore allegro, perché Dio ha già gradito le tue opere. Siano le tue vesti bianche in ogni tempo, e l’olio non manchi mai sul tuo capo. Godi la vita con la moglie che ami, per tutti i giorni della vita della tua vanità, che Dio ti ha data sotto il sole per tutto il tempo della tua vanità; poiché questa è la tua parte nella vita, in mezzo a tutta la fatica che sostieni sotto il sole. Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non c’è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza». Abbiamo già visto che Dio, in Genesi, dice all’umanità di allevare figli, mangiare e lavorare. In Ecclesiaste, dopo l’invito a mangiare, c’è quello di godere la vita con la propria moglie «tutti i giorni della vita della tua vanità», «poiché questa è la tua parte nella vita» (v. 9). La moglie è cioè il dono che Dio ti ha dato, quindi gioisci insieme a lei, godete la vita insieme, fate questo cammino insieme, perché questo è il più bel dono che Dio ti fa. Poi prosegue con «quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze» (v. 10), cioè lavora, datti da fare, fai progetti. Emerge così un’analogia fra questo passo di Ecclesiaste e le cose dette in Genesi, che abbiamo riassunto con allevare figli, mangiare e contribuire al progresso (cfr. par. D).

 

H.Conclusione.

Nel soprastante passo di Ecclesiaste c’è un parallelismo tra il cibo («mangia il tuo pane con gioia») e la sessualità («godi la vita con la moglie che ami»), perciò ora parleremo un po’ del cibo, imitando il linguaggio figurato del Cantico, così i bambini non si scandalizzeranno e gli adulti capiranno.

Ciò che dobbiamo fare è godere del cibo, perché è un dono di Dio. A tavola ringraziamo Dio del cibo e la sua presenza rende il pasto più gioioso. Il cibo dobbiamo procurarcelo correttamente e mangiarlo correttamente. Infatti, possiamo certamente mangiare le mele, ma non possiamo pranzare con 10 mele, perché dobbiamo cibarci con saggezza, con un certo ordine e senso. Chi è poi che guida un animale a scegliere le erbe giuste? È l’istinto, che Dio ci ha dato e che è un suo dono, non qualcosa da reprimere. È chiaro che possiamo anche aver coltivato storture varie, ma l’istinto resta in sé un dono di Dio. Gli animali sono predisposti per mangiare e riprodursi tranquillamente. Noi uomini abbiamo in più gli insegnamenti della Parola di Dio e una coscienza abitata dallo Spirito Santo. Tutto questo ci permette di essere guidati a trovare il giusto e piacevole modo di cibarci, perché le cose che davanti a Dio non sono giuste, alla fine dei conti non sono neanche piacevoli. Riguardo all’adultera, abbiamo visto in Proverbi che sembra dolce come il miele, ma porta invece alla morte. A volte la legge di Dio sembra privarci di qualche cosa, ma se la mettiamo in pratica, vediamo che porta frutti buoni e belli.

Nella vita di una coppia, dalla conoscenza al fidanzamento e poi nel matrimonio, Gesù va messo al centro. Non dobbiamo pensare che la presenza di Gesù limiti la nostra intimità col coniuge; anzi, se Gesù sarà nel mezzo, ci accorgeremo presto del suo arricchire la coppia sotto ogni aspetto. In una coppia è facile che si evidenzi il tentativo di far adattare l’altro a se stesso, instaurandosi così una competizione che tende a dividere. Modellarci in Gesù e convergere in Gesù, invece, produce una profonda unità. La presenza di Gesù produce un “effetto colla” di fronte ai problemi e il superarli rafforza l’unione. Inoltre, se accogliamo come coniuge una persona perché è Dio a dircelo, di fronte ai problemi che incontreremo non saremo lasciati soli, ma potremo invocare l’aiuto di Dio, che ci avrà condotti fino a quel momento.

In Deuteronomio 6:5 è scritto: «Tu amerai dunque Javè, il tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima tua e con tutte le tue forze». Se invitiamo Dio nella nostra casa e lui accetta, la camera da letto non è proibita per lui, la sua presenza ci dà saggezza e ci rallegra come a tavola.

Se tutto ciò è per qualcuno difficile da credere, lo invitiamo a farne esperienza.