Alessia Lanini

DA ADAMO AGLI APOSTOLI

Una panoramica di tutta la Bibbia basata sul testo in sé

Volume (da definire)

 

Scuola elementare di cristianesimo

Dialoghi sulla prima lettera di Paolo ai Corinzi, condotti da Fernando De Angelis

 

BOZZA 1 DEL DIALOGO 10: 1CORINZI 4:9-17

 

Scarica qui il file dei Dialoghi da 6 a 10.

Il file dei Dialoghi 1-5 è scaricabile dal post sul Dialogo 5. 

 

1.Imitare Paolo con i nostri sforzi?

2.La vita di Paolo: un insegnamento per tutti, non un’esclusiva

3.Il cristianesimo dell’oasi e quello della croce

Approfondimento n.7. Due testi dai quali abbiamo eliminato Gesù      

 

Dialogo 10

1CORINZI 4:9-17

 

1.IMITARE PAOLO CON I NOSTRI SFORZI?

Nel versetto precedente Paolo dice ai Corinzi che erano già sazi, già arricchiti e già giunti a regnare (4:8). Ovviamente questo non era il suo pensiero, ma ciò che i Corinzi erano convinti di essere. Paolo accetta questa loro opinione in modo ironico, come se dicesse: «Meglio per voi, io purtroppo sono un po’ arretrato e non ci sono arrivato. Voi ovviamente siete meglio di me». Poi quel versetto prosegue così: «E fosse pure che voi foste giunti a regnare, affinché anche noi [che siamo vostri amici] potessimo regnare con voi!». Rendendo evidente quanto Paolo ritenga poco fondate quelle autovalutazioni dei Corinzi.

 

«Poiché io ritengo che Dio abbia messo in mostra noi, gli apostoli, ultimi fra tutti, come uomini condannati a morte; poiché siamo diventati uno spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini» (4:9).

Paolo mostra ai Corinzi perché quei loro pensieri erano infondati. Chi sono «gli apostoli» messi in mostra da Dio? La parola “apostoli” è spesso fonte di equivoci, perché è una parola greca. Nel pensiero comune ne è stata fatta una categoria gerarchica, ma significa semplicemente “mandati”, “missionari”.

Il «noi, gli apostoli» significa «noi, i missionari» e, considerando il contesto, è chiaro che si referisce a coloro che avevano evangelizzato e operato a Corinto insieme a Paolo. Erano stati messi «in mostra» da Dio non per essere ammirati, ma affinché fossero un modello, come reso esplicito alla fine del sottostante brano.

 

«Noi siamo pazzi a causa del Messia, ma voi siete sapienti nel Messia; noi siamo deboli, ma voi siete forti; voi siete onorati, ma noi siamo disprezzati. Fino a questo momento, noi abbiamo fame e sete. Siamo nudi, schiaffeggiati e senza fissa dimora, e ci affatichiamo lavorando con le nostre proprie mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; diffamati, esortiamo; siamo diventati, e siamo tuttora, come la spazzatura del mondo, come il rifiuto di tutti. Vi scrivo queste cose non per farvi vergognare, ma per ammonirvi come miei cari figli. Poiché anche se aveste diecimila precettori nel Messia, non avete però molti padri; perché sono io che vi ho generati nel Messia Gesù, mediante il vangelo. Vi esorto dunque: siate miei imitatori» (4:10-16). 

L’invito ad essere suoi imitatori Paolo lo ripeterà anche in 1Corinzi 11:1 e in Filippesi 3:17. Qui lo fa dopo aver precisato che erano pazzi, deboli, disprezzati, affamati, assetati, nudi, schiaffeggiati, senza dimora, affaticati dal lavoro, ingiuriati, perseguitati, diffamati e diventati la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti. Con quale coraggio Paolo invita a imitarlo e a diventare la spazzatura del mondo?

Succede spesso che i predicatori indichino all’uditorio l’esempio di Paolo, suscitando un po’ di senso di colpa, ma senza che di settimana in settimana gli ascoltatori si mettano a imitare seriamente Paolo. Per quanto possa sembrare strano, in questo caso siamo dalla parte di coloro che non obbediscono a quei predicatori, perché riteniamo che facciano un’esortazione scorretta. Paradossalmente, potrebbe essere Dio stesso a salvaguardare l’uditorio, spingendolo a non prendere sul serio il predicatore.

Proveremo a spiegarci meglio raccontando la storiella di uno che andò in campagna e ci trovò dei polli. Poi vide volteggiare un’aquila e disse ai polli: «Ammirate come vola l’aquila! È un vero spettacolo! Perché non vi mettete a volare come lei? Dovreste volare come l’aquila!». I polli ridacchiarono tra loro, ma un orgoglioso gallo si fece avanti e disse: «Io ci proverò!». Gli altri polli risero ancor di più, ma il gallo salì su un muretto e provò a volare come l’aquila… facendo la figura del pollo! Se uno è un pollo e non un’aquila, non può volare come un’aquila.

Paolo aveva ricevuto da Dio dei mezzi straordinari per fare quello che faceva. Aveva infatti sentito chiaramente la voce di Gesù, era stato portato fino al terzo cielo, Gesù lo aveva incontrato all’inizio sulla via per Damasco e poi di tanto in tanto gli parlava, essendo anche stato riempito di Spirito Santo. Paolo volava come un’aquila, ma possiamo noi imitarlo senza avere i mezzi che lui aveva? A volte, purtroppo, quelli che spingono a imitare Paolo sono gli stessi che negano che oggi noi possiamo ricevere da Dio mezzi straordinari, come se volare in quel modo potesse dipendere dal nostro sforzo. Infatti, se proviamo a imitare Paolo senza aver ricevuto da Dio mezzi adeguati, facciamo la figura del pollo! È per questo motivo che l’uditorio fa bene a non prendere sul serio certe predicazioni, rendendosi conto di essere sprovvisto dei mezzi necessari. Vedremo comunque che Paolo ha le sue ragioni per invitarci a imitarlo.

 

2.LA VITA DI PAOLO: UN INSEGNAMENTO PER TUTTI, NON UN’ESCLUSIVA

«Appunto per questo vi ho mandato Timoteo, che è mio caro e fedele figlio nel Signore; egli vi ricorderà come io mi comporto nel Messia Gesù, e come insegno dappertutto, in ogni chiesa» (4:17).

Timoteo avrebbe ricordato ai Corinzi come Paolo si comportava e come insegnava dappertutto, perché fra il comportamento di Paolo e il suo insegnamento non c’era differenza.

Il Nuovo Testamento dice che possiamo avere anche noi un rapporto intimo con Gesù, perché anche noi possiamo essere ripieni di Spirito Santo come lo era stato Paolo (Atti 2:4,38; Efe 5:18). È chiaro che lui fu chiamato da Dio a un compito speciale e fu attrezzato per quel compito, ma anche noi siamo chiamati a vivere una vita straordinaria e in qualche modo “sovrumana”, che deve riflettere quella di Gesù, perciò Dio è disposto a darcene gli strumenti.

Paolo non ha invitato i Corinzi a vivere la sua stessa chiamata a girare il mondo, ma li ha invitati a imitare la sua impostazione. A dimostrazione del fatto che fosse imitabile, Paolo parla di “noi”, cioè di quelli che avevano collaborato con lui a Corinto e che ne condividevano lo stile di vita, tra i quali Timoteo.

 

3.IL CRISTIANESIMO DELL’OASI E QUELLO DELLA CROCE

Ciò che viene messo in evidenza nel brano che stiamo considerando è il contrasto tra i Corinzi e Paolo, tra un cristianesimo che prende la croce e un cristianesimo che chiameremo dell’oasi. Con quest’ultimo si cerca di sistemarsi bene a livello personale, lavorativo, con la famiglia, la chiesa e tutto il resto, ritenendo che Gesù risolva tutti i nostri problemi. Non è affatto un’idea sbagliata, ma solo una mezza verità.

Proveremo a farci comprendere meglio ricorrendo all’analogia tra il nostro rapporto con Gesù e quello di una bambina con sua madre. Quando una bambina nasce, la madre l’accudisce in tutto e per tutto, poi la bambina comincia a crescere e a giocare con le bambole, cioè inizia ad allenarsi a essere mamma. Comincia a fare qualche faccendina in casa, a voler mettere le mani in pasta quando la mamma fa la pizza e, se cresce bene, pian piano imiterà sempre più la mamma, al punto che lei stessa diventerà mamma. Infine sarà la figlia ad assistere una mamma invecchiata. Il percorso di maturazione nella vita biologica è stato creato da Dio, perciò non è strano che assomigli a quello della vita spirituale. È vero che Gesù risolve tutti i nostri problemi, ma standogli vicino, considerando i suoi desideri, comprendendo come noi possiamo piacergli, se cresciamo bene lo imitiamo e serviamo sempre più.

Paolo ha incontrato molte difficoltà, ma anche aiuti straordinari. Vedendo la presenza di Dio nelle vite di Paolo e Sila, come abbiamo visto nel precedente Dialogo, il carceriere aveva pensato che la loro vita valeva la pena di essere vissuta più della sua (Atti 16:25-34).

Il contrasto tra il vangelo dell’oasi e quello del prendere la croce, con Paolo che invita a essere imitato, lo troviamo anche in Filippesi 3:17-19: «Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti camminano da nemici della croce del Messia (ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l’animo alle cose della terra». Anche qui Paolo non si considera un’eccezione, perché usa il “noi”. Quelli che definisce «nemici della croce del Messia», secondo il contesto, erano dentro la chiesa. Per di più Paolo dice di averlo detto spesso, facendo pensare che sia stato un problema vistoso, nonostante quella di Filippi appaia come una delle chiese migliori. Paolo rievoca il problema piangendo, considerando che la fine di quei nemici della croce del Messia era la perdizione.

I deviati delle due chiese sembrano poi accomunati dall’amore per il cibo, perché in questo brano di Filippesi è detto che «il loro dio è il ventre», mentre in 1Corinzi che erano «già sazi» (1Cor 4:8), cioè con il ventre pieno. Bisogna però fare una distinzione tra i nemici della croce del Messia e i nemici del Messia; trattandosi di membri della chiesa, erano solo nemici della croce. Erano cioè credenti affezionati al Gesù risorto e trionfante, mentre il Gesù crocifisso lo consideravano ormai superato. Anche oggi non è difficile trovare credenti che sono tutti concentrati sulla risurrezione, la potenza di Gesù e su quello che lui può fare, trascurando la sua crocifissione. Nell’alternativa fra l’atteggiamento di Paolo e quello dei Corinzi, a parole è facile schierarsi con Paolo, ma nei fatti è più probabile che seguiamo i Corinzi. Il diffondersi del cosiddetto “Vangelo della prosperità” rende ben evidente come sia attuale il voler separare le benedizioni dal prendere la propria croce.

Per poter camminare sulle acque Pietro ha aspettato che fosse Gesù a dirglielo ed è chiaro che, per cominciare a fare quel cammino e per resistere, bisogna avere una relazione stretta con lui. Oggi però la cristianità ha una grande difficoltà a relazionarsi con Gesù, perché nei fatti molti hanno stravolto quello del Nuovo Testamento. Anche chi non l’ha fatto, ha però spesso distrutto molto dell’insegnamento di Paolo su Gesù. Come possiamo allora imitare Paolo, che imitava Gesù, se abbiamo distrutto l’insegnamento di Paolo su Gesù? Kierkegaard ha scritto che «la cristianità ha abolito il cristianesimo senza accorgersene». Parallelamente, abbiamo spesso distrutto l’insegnamento del Nuovo Testamento su Gesù senza accorgercene. Tratteremo questo argomento nel sottostante Approfondimento.

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Approfondimento n. 7

DUE TESTI DAI QUALI È STATO ELIMINATO GESÙ

Se entriamo in una casa dove ci sono padre e figlio, pensando che il figlio non conta perché in fondo il figlio è il padre, distruggiamo la personalità del figlio, che per noi diventa marginale, arrivando a pensare che in realtà esista solo il padre. Quando un cristiano dice che Gesù è Dio, che chi ha visto Gesù ha visto il Padre, che Gesù e il Padre sono uno, usa versetti biblici per distruggere nei fatti Gesù (Giov 1:1; 10:30; 14:9) e in fondo per lui Gesù non esiste più come individuo. Un figlio ha la stessa natura del padre, ma i due rimangono due persone distinte, eppure molti cristiani non distinguono bene la persona del Figlio da quella del Padre. Si concentrano sulla divinità di Gesù fino a distruggerne di fatto l’umanità e l’individualità.

In tutte le predicazioni degli apostoli che troviamo in Atti non è mai predicata la divinità di Gesù, ma si comincia sempre con la sua umanità, sottolineandone l’essere figlio di Davide. Pietro, ad esempio, parla di Gesù come di «quest’uomo» (Atti 2:23).

Su questo aspetto non insisteremo, perché ci siamo già soffermati parlando della Trinità (Approfondimento n. 3. Il nome distintivo di Dio: dal Tetragramma agli apostoli). Vediamo ora un particolare modo di cancellare Gesù.

 

2CORINZI 12:7-10: «E perché io non avessi a insuperbire per l’eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: “La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza”. Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza del Messia riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor del Messia; perché, quando sono debole, allora sono forte».

Paolo racconta che per tre volte ha pregato il Signore e i cristiani che leggono intendono quasi sempre Dio, anche de è chiaro che si riferisce a Gesù. Il primo motivo è che, nelle Lettere degli apostoli, “Signore” indica normalmente Gesù, mentre per il Padre si usa spesso “Dio”, che è riferito solo a lui. Il secondo motivo è dato dalle circostanze, perché il Signore risponde a Paolo dicendo «la mia potenza» e, poco più avanti, Paolo parla della «potenza del Messia». Di conseguenza è chiaro che il Signore che gli ha risposto è il Messia Gesù. Una controprova la troviamo ancora più avanti, cioè alla fine della Lettera, dov’è scritto: «La grazia del Signore Gesù Messia e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2Cor 13:13). Oltre al ben evidente approccio trinitario, vediamo che la grazia è associata a Gesù, perciò il Signore che ha detto a Paolo «la mia grazia ti basta» è Gesù.

Possiamo allora così leggere: «Tre volte ho pregato Gesù […] ed egli mi ha detto la mia grazia ti basta». Questa lettura, fatta esplicitando il significato, risulterebbe sconvolgente per molte chiese. La conclusione è che comprendere correttamente questi versetti ci sprona a relazionarci in maniera diretta con Gesù, pregare Gesù, attendere da Gesù.

 

EFESINI 5:6-23: «Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli. Non siate dunque loro compagni; perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore […] non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore […] parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore […] Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche il Messia è capo della chiesa».

Dal contesto è chiaro che anche qui Signore significhi Gesù. Capendo genericamente Dio, molti cristiani cancellano di fatto Gesù da questi insegnamenti. Dovremmo allora leggere così: «In passato eravate tenebre, ma ora siete luce in Gesù […] esaminando che cosa sia gradito a Gesù […] cercate di ben capire quale sia la volontà di Gesù […] cantando e salmeggiando con il vostro cuore a Gesù […] Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti come a Gesù».

Anche qui leggere Gesù al posto di Signore risulterebbe per molti sconvolgente, ma per capire quale sia la sua volontà e cosa gli sia gradito, è necessaria una relazione diretta con Gesù.

 

La cristianità ha distrutto questi insegnamenti di Paolo, ma se annulliamo una parte sostanziale dell’insegnamento su Gesù, che cristiani siamo? E come possiamo progredire nel nostro cammino di credenti in Gesù?

Sul rapporto fra Paolo e Gesù, Fernando De Angelis ha già scritto due schede presenti sul suo sito (link), alle quali se ne dovrebbe aggiungere presto una terza, particolarmente attenta alla 1Corinzi.