Sintesi dei dialoghi con F. De Angelis su Romani
DIALOGO 8. ABRAAMO E DAVIDE GIUSTIFICATI MEDIANTE LA FEDE (4:1 a 4:8)
di Christian Mancini
Il file dei Dialoghi 1-9 è scaricabile dall’articolo del Dialogo 9.
«Se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi; ma non davanti a Dio; infatti, che dice la Scrittura? “Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia”» (4:2-3). «Così pure Davide proclama la beatitudine dell’uomo al quale Dio mette in conto la giustizia senza opere» (4:6). In questo capitolo, Paolo dimostra che Dio ha giustificato attraverso la fede le due figure più importanti del popolo d’Israele: Abraamo e Davide. Se Dio si è comportato così con loro, non lo farà anche con i loro discendenti? Il vangelo di Matteo inizia proprio con «Genealogia di Gesù Messia, figlio di Davide, figlio di Abraamo» (Mat 1:1), mettendo subito in chiaro che i due progenitori di Gesù più significativi siano proprio loro. Evidenziando l’atteggiamento di Dio nei confronti di Abraamo e Davide, Paolo vuole mostrare che tale atteggiamento Dio lo usa (e lo ha sempre usato) con tutti gli uomini in generale, Giudei e Gentili.
«La fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia» (4:9) e ciò quando era ancora incirconciso, a dimostrazione che Dio lo ha giustificato come qualsiasi altro incirconciso che riponga fede in lui. I Niniviti che gridarono a Dio e si convertirono dalla malvagità (Giona 3), la guarigione di Naaman il Siro (2 Re 5), il rapporto che Giobbe e Melchisedec avevano direttamente con l’Altissimo, sono solo alcuni esempi che testimoniano l’apertura che Javè ha sempre mantenuto verso chiunque avesse fede in Lui, circoncisi e non.
Tornando a Davide, Paolo cita il Salmo 32:1-2, dov’è scritto: «Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l’uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato» (4:7-8). Leggendo il Salmo per intero, è evidente la profonda consapevolezza che Davide aveva di essere perdonato, protetto e istruito da Dio subito. Nonostante scrivesse circa mille anni prima del sacrificio espiatorio di Gesù, Davide era assolutamente certo che, una volta confessate le sue trasgressioni a Javè, egli lo avrebbe perdonato subito, senza bisogno di dover aspettare un millennio. Con la rievocazione di questo Salmo, quindi, Paolo vuol far capire che Dio ha sempre giustificato i peccatori mediante la fede, usando il sacrificio di Gesù fin da Genesi, come una sorta di cambiale pagata al momento del sacrificio effettivo del Messia.
Nel Salmo 32 si notano anche altre azioni di Dio, spesso etichettate come esclusive del Nuovo Testamento. «Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano tra i lamenti che facevo tutto il giorno. Poiché giorno e notte la tua mano si appesantiva su di me, il mio vigore inaridiva come per arsura d’estate». «Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità […] e tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato» (vv. 3-5), questa descrizione corrisponde perfettamente all’azione di convincimento di peccato dello Spirito Santo, il quale finché il peccatore tace, continua a compungergli il cuore. Più avanti è invece scritto: «Molti dolori subirà l’empio; ma chi confida in Javè sarà circondato dalla sua grazia» (v. 10). Non è mai stato il peccatore in sé ad essere respinto, ma solo quello che non avrebbe confidato nella sua grazia.