OTTO DOMANDE DI ALESSIA LANINI
Le domande riguardano il Dialogo online sulla Lettera ai Romani del 17/5/20, alle quali è stata
data parziale risposta nel successivo Dialogo del 24/5/20.
Risposte di Fernando De Angelis.
Domanda 1. Christian Mancini ha detto che, parlando agli Ebrei, ci si rifà subito alla risurrezione. Credo che dipenda anche dal trascurare un po’ la storia di Gesù prima di quel momento. Gesù s’inserisce invece in una linea dinastica e vive una sua storia. Parallelamente, noi cristiani tendiamo a rifiutare, o a non vedere proprio, la storia che c’è stata nei secoli prima di noi, sentendoci piovuti dal cielo, come se Dio iniziasse ad operare nel momento in cui noi apriamo gli occhi alla sua opera. Disorientati anche nell’inserirci personalmente nel piano che Dio ha per noi e che, magari, Lui ha iniziato a mettere in atto prima della nostra conversione.
Risposta 1. Il Nuovo Testamento è chiaro, ma è anche evidente perché viene stravolto. Ci piace sentirci superiori ai credenti del passato e vogliamo fare a modo nostro, perciò cerchiamo di giustificarci dicendo che Gesù si è contrapposto all’ebraismo e ha fatto “tutto nuovo”. Matteo, invece, cominciando con la genealogia, presenta Gesù come l’erede di una dinastia che risale ad Abramo e che porta a compimento l’opera dei suoi predecessori. Giovanni è ancor più radicale, presentando Gesù come colui che ha iniziato a rivelarsi in Genesi 1, dato che «ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui» (1:3).
Gesù si è sentito legato anche ai numerosi predecessori idolatri che troviamo descritti nei libri dei Re e delle Cronache, perché la caratteristica essenziale del popolo di Dio è quella di conservare fedelmente la Parola di Dio SCRITTA. Cosa che Israele ha fatto al di là delle sue infedeltà, come parallelamente ha fatto la chiesa cattolica medioevale.
Cominciando la suo opera pubblica, Gesù non ha messo da parte la sua storia precedente. Paolo considerava che Dio era intervenuto nella sua storia «fin dal seno di sua madre», cioè anche prima della sua conversione (Gal 1:15). Per questo invita i credenti a considerare come «assegnata loro dal Signore» la condizione nella quale si trovavano al momento della conversione (1Cor 7:17). Dio ci chiama a sperare nelle grandi cose che ci ha preparate, ma cominciando a vederle sempre più nella concretezza del nostro presente.
Domanda 2. È stato detto che il cristianesimo è stato farcito dal paganesimo, per esempio sulla questione della Trinità. Un altro aspetto è il platonico voler dissociare l’anima e lo spirito dal corpo, vendendo la persona solo come un’anima, perché tanto è solo quella che conta… Mettendo un velo su quella che invece è l’opera che Dio vuole portare avanti anche nel nostro corpo, nella nostra carne. È da qui che potrebbe partire la deumanizzazione di Gesù, seguita dall’estremizzazione della sua divinità?
Risposta 2. “Farcito” vuol dire “inframezzato” e potrebbe anche andare bene, ma preferisco il termine “affiancato”, perché mette meglio in evidenza la tecnica che si usa e il fatto che paganesimo e cristianesimo sono incompatibili, perciò non mescolabili.
Vedere in Gesù la “manifestazione spirituale” di uno che gira con l’aureola, significa concentrare la fede sul piano dei sentimenti e dei pensieri, svalutandone la dimensione corporea. “Anima”, in senso ebraico, indica la persona nella sua totalità, non solo la parte non materiale. È Platone che disprezza la materia e il corpo. Gesù ha avuto cura anche del corpo dei discepoli, guarendoli. Come del proprio, lasciando in quello risorto i segni della crocifissione, cioè senza cancellarne la storia. Un cristiano che vuole essere “spirituale”, spesso sta cercando di seguire Platone, non Gesù, purtroppo senza accorgersene.
Domanda 3. Perché c’è questa grande confusione e miscuglio tra Gesù e Dio Padre? Come ci si è arrivati? E perché non c’è una volontà diffusa di chiarire la questione? Farò un esempio forse poco adatto, ma se entro in una famiglia non è che posso ignorare con chi davvero sto parlando. È anche vero che Dio Padre e Gesù condividono a pieno gli stessi obiettivi, ma cosa comporta un nostro confonderci e non sapere a chi ci stiamo rivolgendo? Come facciamo a conoscerli profondamente se non sappiamo chi sono e le cose che hanno fatto? Devo considerare che hanno fatto cose diverse? E che da Genesi ad Apocalisse condividono lo stesso obiettivo ma con ruoli diversi?
Risposta 3. Il vitello d’oro fu fatto da Israele formalmente non per rinnegare Javè, ma identificandoli e dicendo che era stato il vitello d’oro a farli uscire dall’Egitto (Eso 32:4). La cristianità non è solita negare formalmente il contenuto della Parola di Dio, ma ci affianca altri contenuti pagani che sostanzialmente diventano INAMOVIBILI perché amati. La confusione è implicita e voluta, perché fare chiarezza significherebbe scegliere fra cristianesimo e paganesimo, mentre è proprio il mantenere la confusione che permette di conservare gli elementi di paganesimo, con la scusa che si tratta di questioni difficili, che non possiamo ben comprendere con la nostra mente limitata. Accantonando il fatto che Gesù si fece ben comprendere anche dai pescatori della Galilea, quali erano Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni.
Le Lettere degli apostoli, essendo rivolte a credenti, usano un chiaro linguaggio trinitario, distinguendo fra Dio (il Padre) e il Figlio di Dio (Gesù, il Signore). I cristiani usano di solito “Signore” in senso confusionario, senza sapere nemmeno loro a chi si stanno rivolgendo. Usando così un linguaggio simile a quello dei pagani, non a quello delle chiese neotestamentarie Mescolando Gesù con il Padre negano di fatto l’incarnazione e la questione è di grande rilevanza. Giovanni chiarisce subito che «la Parola è diventata carne» (Giov 1:14). Per lui, negare che il Messia è venuto «nella carne» è l’essenza dello spirito dell’anticristo (1Giov 4:1-3; 2Giov 7).
È il Figlio, non il Padre, che si è incarnato. È il Figlio, non il Padre, che è morto per noi sulla croce. L’Apocalisse ci mostra un quadro molto chiaro, con il Figlio che non è il Padre, ma sta accanto al Padre, con un’adorazione rivolta ugualmente a due DISTINTE persone, cioè «a Colui che siede sul trono, e all’Agnello» (Apo 4:13).
Domanda 4. Mi viene da pensare che Pietro, anche dopo l’ascensione al cielo di Gesù, continuasse a camminare con lui giorno dopo giorno, in quelle vie di Dio Padre nelle quali Gesù sa bene come comportarsi, e quindi sa bene come guidarci e farci da modello.
Risposta 4. Pietro invita a seguire «le orme» di Gesù, considerandolo un esempio da imitare, non un eroe da ammirare (1Pie 2:21). Gesù è vissuto come uomo, dopo essersi spogliato dei suoi privilegi divini (Fil 2:6-8), usando mezzi umani come la fede, che anche noi possiamo usare.
Pietro e Paolo non si sono fatti guidare solo dal “libro di Gesù”, come se lui fosse assente, ma si sono relazionati con un Gesù da cercare fra i vivi (Luca 24:5), come aveva promesso: «IL MONDO non mi vedrà più; MA VOI mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete» (Giov 14:19). Anche dopo l’ascensione, Pietro e Paolo si sono relazionati con Gesù in modo diretto (solo due esempi, fra tanti: 2Pie 1:14; Atti 22:17-21), ma molti cristiani non sentono Gesù presente accanto a loro e si relazionano con lui come se non fosse risorto, ragionando così come IL MONDO. Prendendo poco sul serio la promessa che ha lasciato ai discepoli: «Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente» (Mat 28:20).
Domanda 5. Dio promette di benedire tutte le nazioni attraverso Abramo, ma se andando avanti Dio non benedice più la discendenza di Abramo, e quindi Israele, come può poi in Abramo benedire tutte le nazioni della terra, tra cui anche noi?
Risposta 5. Concordo. Su questo abbiamo sentito online parole chiare anche da Stefano Gotta. È nei capitoli 9-11 che Paolo lega la fedeltà di Dio a noi con quella verso Israele. Come speriamo di vedere.
Domanda 6. Quali sono le benedizioni che Israele ha ricevuto come nazione, che Dio non ha reso disponibili ai Gentili, seppure magari in altre forme e modi?
Risposta 6. Non mi ero mai posto la domanda in questi termini. Riflettendoci un po’ mi sono sorpreso della risposta: NIENTE. Dio ha infatti benedetto Abramo in modo che divenisse una fonte di benedizione per «tutte le famiglie della terra». Il dono perpetuo della Terra Promessa non è contro gli altri popoli. I popoli che c’erano sono stati eliminati perché la loro iniquità era arrivata «al colmo» (Gen 15:16) e quel possesso ha limiti precisi. Mentre un musulmano ritiene di dover imporre la legge islmamica su tutto il mondo, Dia ha dato a Israele un possesso limitato, come altri popoli possiedono altre parti della superfice terrestre. Abramo e Israele sono stati eletti per servire, non per avere privilegi. Anzi, nel dare a Israele un onore maggiore, Dio ha chiesto loro anche maggiori doveri. Coscenti di questo, alcuni Ebrei hanno formulato a Dio una richiesta che sa di barzelletta, ma che fa comunque capire quanto quel ruolo non sia facile: «Signore, è da tanto tempo che ci hai eletti, perché ora non eleggi qualche altro popolo?».
Domanda 7. Dio è sempre stato anche il Dio Altissimo, cioè il Dio universale, oltre ad essere stato il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe? Dio non si relazionava con l’umanità anche prima di Abramo?
Risposta 7. Alcuni teologi arrivano a dire che prima di Abramo c’era il buio totale e poi, fino a Gesù, Dio si è relazionato solo con la razza di Abramo. La Bibbia però smentisce TOTALMENTE una simile impostazione. Ne do solo qualche cenno, rimandando chi vuole approfondire al mio Riassunto dell’Antico Testamento.
Per la Lettera agli Ebrei (cap. 11) c’è una stessa fede che unisce Abele agli apostoli. Al tempo di Abramo, Dio si relazionava anche con Melchisedec e con il re di Gherar (Gen 14:18-20; 20:1-7). La prima assemblea di circoncisi era costituita non solo da Abramo e dal figlio Ismaele, ma anche dalla centinaia di schiavi d ogni razza posseduti da Abramo (Gen 17:23-27, cfr. 14:14). Solo Caleb e Giosuè, fra gli adulti usciti dall’Egitto, entrarono nella Terra Promessa. Caleb era il rappresentante della tribù di Giuda, nonostante fosse Kenizeo, cioè di razza pagana (Num 32:11-12; cfr. 13:6; Gen 15:9).
I non circoncisi potevano presentare sacrifici di animali al Tempio e con regole uguali a quelle dei circoncisi (Num 15:14-16). Infatti Dio era aperto all’ascolto e all’esaudimento delle preghiere rivoltegli dai Gentili (1Re 8:41:43; 1Cro 16:23-29). I Niniviti ottennero il perdono di Dio anche se erano Gentili, perché si ravvidero e non furono certamente invitati a diventare Ebrei. Prima di Gesù, Dio era così largamente aperto verso i Gentili che il giorno di Pentecoste ce n’erano «di ogni nazione che è sotto il cielo» (Atti 2:5).
Domanda 8. Non possiamo riconoscere che Dio porti avanti un unico piano, se ogni volta che c’è un nuovo sviluppo cancelliamo ciò che precede.
Risposta 8. Paolo insegna chiaramente che Dio mantiene la parola data, perciò il patto con Abramo non può essere annullato o modificato da quello con Mosè sul Sinai, che può solo rappresentare un’aggiunta non contrastante (Gal 3:15-22). È folle pensare che il patto di Dio con Davide, e perciò con il Figlio di Davide Gesù, possa annullare quelli precedenti. Se così fosse, ci sarebbe da aspettarsi un “Nuovissimo patto” che annullerebbe il “Nuovo Patto”. Per sostenere la discontinuità ci si appoggia su una lettera agli Ebrei evidentemente mal compresa da noi Gentili, non essendo a noi diretta. Su di essa, comunque, ho già ultimato una prima bozza e spero di pubblicarne il libro entro il prossimo settembre 2020.