SANA DOTTRINA E VANGELO DELLA GIOIA: DUE APPROCCI DA INTEGRARE

Dopo aver letto l’articolo “Sana dottrina o insane dispute?” presente sul sito

(http://www.fernandodeangelis.it/2016/12/17/sana-dottrina-o-insane-dispute/)

un credente mi ha interpellato privatamente. Ha apprezzato alcuni aspetti, ma ha osservato che per evitare litigi è meglio che chi ama la “sana dottrina” se ne stia separato da quelli che predicano un “Vangelo della gioia”, dove tutto è permesso allo scopo di trovare un più ampio consenso. Sono stato così stimolato a tornare sull’argomento con qualche ulteriore considerazione.

 

Non ho difficoltà a comprendere chi si propone di difendere la “sana dottrina” contro quelli che predicano un Vangelo superficiale e permissivo, perché ho avuto anch’io un atteggiamento simile nei primi venti anni da credente. Nei circa trent’anni successivi il percorso di vita e di riflessione mi ha spinto a modificarlo, non però per sostituzione, ma per aggiunta. D’altronde Pietro descrive il percorso di crescita della fede come un processo nel quale si aggiungono via via altre caratteristiche positive: «Aggiungete alla vostra fede la virtù; alla virtù la conoscenza […] e all’affetto fraterno l’amore» (2Pie 1:5-7).

Per esempio, continuo a voler essere un letteralista e un radicale, ma nella chiesa cerco di viverlo senza pormi in conflitto con altri, nei quali riconosco qualità che a me mancano. Credo infatti che sia riduttivo dividere il mondo in “bianco e nero”, mettersi nella parte “bianca” e dipingere di nero tutto il resto. Credo che la realtà sia molto più complessa e che la parabola del “buon Samaritano” ci inviti a non cadere in schematismi, che anche l’Antico Testamento contrasta.

I temi in questione sono molti e complessi, perciò possiamo ora affrontare solo qualche aspetto. Le mie convinzioni sono d’altronde esposte nei tre libri sulla Bibbia pubblicati, più quello sul Vangelo di Matteo la cui prima bozza è in fase avanzata, come si può vedere dai vari capitoli messi sul sito.

Romani 3:23-24 è ben noto: «Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è nel Messia Gesù». La grazia continua a esserci necessaria anche dopo la salvezza e ciò si può vedere da come Paolo termina le due Lettere a Timoteo, che non era certo fra i peggiori: «La grazia sia con voi». La legge è necessaria per indicarci il cammino, ma possiamo ritenerci “a posto” solo se ne facciamo un estratto riduttivo a nostra misura, dimenticando che l’obiettivo al quale siamo chiamati è quello di «essere perfetti COME il Padre celeste» (Mat 5:48).

Ci sarebbe da riflettere sul perché la chiesa di Corinto, fondata da Paolo e da lui curata per circa due anni (Atti 18:11,18), fosse ancora piena di problemi, come si può vedere dalle due Lettere dirette a quella chiesa. Dovrei occuparmene nella serie di schede su “Paolo e Gesù” che sto preparando e che spero di cominciare a mettere presto sul sito. Sottolineo solo che Paolo esortava certamente al rigore e alla coerenza, ma per far crescere la chiesa bisognava cominciare con l’essere d’esempio, come lui lo era stato e come invitava Timoteo a esserlo (1Cor 4:16; Fil 3:17; 1Tim 4:12).

Paolo affrontava le incoerenze altrui prima di tutto con la preghiera e con le lacrime. Nei confronti del fornicatore citato in 1Corinzi 5, Paolo esortò prima di tutto a fare «cordoglio» (v. 2). Quando fu costretto a far presente che «molti camminano da nemici della croce del Messia», lo fece «piangendo» (Fil 3:18).

Mi ha fatto del bene quando ho evitato di pormi sopra i fratelli, come pure il non trascurare la sovranità di Dio e il fatto che lui sa occuparsi della Chiesa meglio di me, come si può vedere dalle lettere alle sette chiese in Apocalisse 2-3. Gesù non temeva i peccatori, al punto che chiamò Giuda a far parte dei Dodici apostoli, proteggendone la reputazione fino alla fine (Luca 22:21-23; Giov 13:27-29). Nello stare fra gli eretici Samaritani e i peccatori di diverse specie, Gesù non li accusò, ma furono loro a percepire la santità di Gesù, confessando spontaneamente il loro peccato. Se un credente disordinato non percepisce la mia elevatezza morale (vera o supposta), più che alzare la voce, devo trovare il modo di avvicinarmi di più a Dio.

È vero che alcuni predicano un Vangelo superficiale, ma Vangelo significa “buona notizia”, perciò chi predica la “sana dottrina” deve guardarsi da un pessimismo al quale a volte tende, evitando pure di dare sempre la colpa agli ascoltatori quando non accolgono il messaggio. La “sana dottrina” di Gesù e degli apostoli, infatti, attirava tanta gente e non è che il mondo di allora fosse meno corrotto di quello di oggi.