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DOMANDA. Caro Fernando, dissento su quanto scrivi nelle “Note al Vangelo di Matteo” (cap. 18, fine del par. 6/A) a proposito del vegetarianesimo, che secondo te sminuirebbe il dramma della degenerazione del mondo. La mia esperienza personale è invece l’esatto contrario.

DOMANDA. Quello che tu contesti è una mia applicazione e valutazione che va oltre il “testo in sé”, al quale ho dichiarato di volermi attenere. Ho perciò eliminato la frase sul vegetarianesimo senza entrare nel merito degli argomenti (vedere post del 15/2

http://www.fernandodeangelis.it/wp-admin/post.php?post=730&action=edit).

Con l’intenzione di rinviare a Matteo 26:26-29 (cena pasquale) la messa in evidenza che Gesù e gli apostoli non erano vegetariani.

 

REPLICA. Concordo certamente che né Gesù né gli apostoli erano vegetariani, ma ho inteso solo dire che, il fatto di esserlo io, mi ha agevolato nella consapevolezza del dramma della degenerazione del mondo e non ostacolato. Rispettare la vita degli animali (che comunque non è l’unico motivo per cui preferisco evitare di mangiare la carne, l’altro attiene alla mia salute e non è meno importante) mi ha fatto davvero rivalutare il valore della vita di Gesù data per me. Diciamo che mi ha aperto gli occhi ancora di più. Ma so bene che Lui non era vegetariano e non lo erano nemmeno gli apostoli, non è un insegnamento che Lui abbia trasmesso e quindi non attribuisco a questo un valore spirituale e scritturale che non ha.

 

RISPOSTA ALLA REPLICA. Quando sei diventato vegetariano eravamo già amici e non ti ho mai criticato o chiesto spiegazioni, perché per me l’essenziale non è essere o non essere vegetariani, ma distinguere la regola biblica da una personale applicazione che ci sentiamo in coscienza di fare. Ho perciò particolarmente apprezzato la frase con la quale chiudi la replica e che mi spinge a fare una breve sintesi di ciò che trovo nella Bibbia, che contiene la regola del mangiare carne, ma che consente come sempre di applicare le regole alle nostre particolari circostanze, sotto la guida dello Spirito di Dio.

 

LA BIBBIA È CONTRO IL VEGETARIANESIMO, MA NELLA LIBERTÀ DI COSCIENZA

1.Il pericolo dei metodi d’interpretazione usati per giustificare il vegetarianesimo.

Alcuni cercano di giustificare la loro scelta vegetariana andando a pescare versetti biblici qua e là, per poi interpretarli in modo stravolto e ignorando arbitrariamente i versetti contrastanti. In questi casi il pericolo non è dato dal vegetarianesimo, ma dai principi d’interpretazione della Bibbia che vengono adottati e che tendono a legittimare le scelte fatte su altra base.

 

2.Il vegetarianesimo iniziale e finale non possono giustificare quello del nostro tempo.

Prima del peccato, Adamo ed Eva erano sicuramente vegetariani (Gen 1:29). Dopo il peccato è però subito iniziata l’uccisione di animali, dato che Dio diede ad Adamo ed Eva delle tuniche di pelle per vestirli (Gen 3:21); mentre già Abele faceva sacrifici di agnelli (Gen 4:4). Il cibarsi di carni sembra però che Dio lo abbia autorizzato solo dopo il Diluvio (Gen 9:1-3).

Il vegetarianesimo iniziale lo dovremmo ritrovare anche alla fine, quando sarà ripristinata la nostra armonia con gli animali. Isaia infatti ha annunciato che il lupo abiterà con l’agnello e anche il leone diventerà erbivoro (Isa 11:6-9).

Mosè, Gesù e gli apostoli, però, ci insegnano che la nostalgia del passato e l’attesa del futuro non devono spingerci a coltivare l’illusione di vivere al di fuori della realtà del nostro tempo.

 

3.Mosè comandò di mangiare carne almeno a Pasqua.

Non ci soffermiamo sull’abbondanza di sacrifici animali nella legge di Mosè. Dopo il sacrificio e a eccezione dell’olocausto, la carne veniva mangiata dai sacerdoti e a volte anche dall’offerente, come per esempio nel sacrificio di riconoscenza (Lev 7:11-18). C’era comunque un’occasione nella quale tutti gli israeliti dovevano mangiare carne ed era quella della Pasqua, che aveva al centro un pasto con la carne di un agnello appositamente ucciso (Eso 12:1-11).

 

4.Gesù e gli apostoli si attennero alla legge di Mosè fino Atti 9.

Fino ad Atti 9 compreso, per essere battezzati come seguaci di Gesù bisognava essere Ebrei a pieno titolo, cioè essere circoncisi. Il primo non circonciso fu battezzato da Pietro ed è stato Cornelio, in circostanze che sono raccontate in Atti 10. Quei cristiani come noi che discendono da Cornelio, in genere hanno grandi difficoltà a capire il cristianesimo precedente e non di rado ne sono impediti dall’orgoglio. Arrivano così a ragionare come se l’episodio di Cornelio fosse successo all’inizio del Vangelo, come se già Giovanni Battista avesse cominciato a battezzare i non circoncisi! In ogni caso, che lo si accetti o no, che lo si capisca o no, prima di Atti 10 Gesù e gli apostoli si comportarono come “Ebrei fra Ebrei” e un segno ne è la cosiddetta “ultima cena”, che fu una classica cena pasquale ebraica (Mat 26:17), nella quale Gesù e gli apostoli mangiarono perciò l’agnello di rito.

Gesù non insegnò certo il vegetarianesimo, dato che oltre i pani moltiplicò anche i pesci (Mar 6:37-44), mangiando pesce perfino dopo la risurrezione (Luca 24:41-42; Giov 21:9-13).

 

5.Anche nel Nuovo Testamento la regola è di mangiare carne.

Nel preparare Pietro a evangelizzare Cornelio, Dio gli impose andare oltre le regole alimentari stabilite dalla legge di Mosè, ordinandogli di essere disponibile a cibarsi anche degli animali che erano proibiti (Atti 10:9-16). La logica di questo cambiamento sembra evidente: portare il Vangelo non è portare solo un messaggio, ma stabilire un rapporto di piena condivisione con chi si evangelizza, parlando la sua lingua e mangiando ciò che mangia. La regola del cristiano diventa così quella riassunta nell’invito di Paolo, rivolto a quelli di Corinto, di mangiare di «tutto quello che si vende al mercato» (1Cor 10:25), che era un modo per dire di mangiare tutto quello che mangiavano i non cristiani. E a Corinto non erano certo vegetariani.

 

6.La libertà di coscienza. L’importante non è il mangiare o no qualcosa.

In linea generale, Dio ha comunicato le varie parti della sua Parola in circostanze diverse, perciò nella sua applicazione siamo chiamati a tener conto anche delle nostre circostanze. Davide lo fece, quando mangiò i pani che erano riservati ai sacerdoti (1Sam 21:1-6) e Gesù prese quell’esempio per contestare il modo farisaico di intendere la legge, concludendo che le regole della legge sono fatte per l’uomo, non il contrario (Mar 2:23-27).

Nella Lettera ai Romani, Paolo tratta le diverse scelte sui cibi nel capitolo 14 e non è solo una questione di collocazione, ma un segno che considera il problema d’importanza secondaria, rispetto a tutto ciò che ha trattato nei capitoli precedenti. Pur dando ragione ai «forti» che mangiavano di tutto, li invita a dare priorità alle esigenze dei «deboli», perché l’obiettivo non deve essere quello di prevalere sull’altro, ma quello di andargli incontro e aiutarlo. Concludiamo perciò riportando alcuni passaggi di questo decisivo capitolo.

Da Romani 14: «Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi scrupoli. Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro che è debole, mangia legumi» (vv. 1-2); «Io so e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è impuro in sé stesso; però se uno pensa che una cosa è impura, per lui è impura. Ora, se a motivo di un cibo tuo fratello è turbato, tu non cammini più secondo amore. Non perdere, con il tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! […] Perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo» (vv. 14-17); «Certo, tutte le cose sono pure; ma è male quando uno mangia dando occasione di peccato. È bene non mangiar carne, né bere vino, né far nulla che possa essere occasione di caduta al fratello» (vv. 20-21).