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Da ALTIN DOLLAKAJ (17/5/17).

Caro Fernando, vorrei fare qualche considerazione su quanto scrivi nelle tue “Note al Vangelo di Matteo” (cap. 1/1), dove sostieni che è più antico di quello di Marco.

La maggiore parte degli studiosi pensano che sia stato invece quello di Marco ad essere scritto prima, con gli altri due sinottici (Matteo e Luca) che lo hanno poi adattato e approfondito. Personalmente penso che alcuni dei presupposti sui quali poggia questa ipotesi siano contraddittori, perché se Marco è una specie di sintesi di Matteo, mi sembra più facile che sia stato scritto dopo.

Se Matteo fosse stato scritto dopo Marco, sembrerebbe quasi un tentativo di recupero delle radici ebraiche del Vangelo, che però dall’inizio alla fine degli Atti restano all’interno della chiesa. Nel mettere Matteo dopo, ci vedo un tentativo di mettere gli ebrei in secondo piano, per far emergere la chiesa romana al centro della proclamazione del Vangelo.

Fra i sostenitori della primogenitura di Matteo ci sono noti padri della Chiesa (Papia, Eusebio, Origene), per i quali il Vangelo di Matteo era stato scritto originariamente in ebraico e successivamente tradotto in greco. La questione diventa importante perché si ha la conferma che, agli inizi, la Buona Notizia era rivolta solo agli ebrei. Inoltre un Vangelo di Matteo scritto originariamente in ebraico lo pone con evidenza come il primo tra i quattro.

Potresti darmi qualche ulteriore chiarimento?

 

RISPOSTA (17/5/17). Caro Altin, sto per concludere una “bozza 2” dei capp. 1-7, dove aggiungerò qualcosa che possa esserti di aiuto, ma il mio obiettivo è di avere una convergenza più ampia possibile sul testo in sé, perciò le questioni che si basano su argomentazioni extrabibliche tendo a evitarle, oppure chiarisco la mia posizione con le relative motivazioni, senza però che essa costituisca un criterio determinante nella valutazione del testo. Subito sotto trovi i cambiamenti su Matteo che ho introdotto nella “bozza 2”. DAF

 

Dopo la discesa dello Spirito Santo (Atti 2), gli apostoli si dedicarono alla predicazione ed è verosimile che presto arrivarono ad una “codificazione orale” del messaggio trasmesso, memorizzato dai discepoli a loro più vicini. Crediamo che questa “prima codificazione orale” operata dagli apostoli sia ciò che accomuni i tre Vangeli sinottici, sia che vi abbiano attinto direttamente, sia che l’abbiano ripresa da chi eventualmente l’aveva già messa per scritto.

Matteo si è rivolto ad un pubblico al quale interessavano particolarmente due corrispondenze: quella fra Gesù e il Messia promesso, come pure quella fra il suo messaggio e il contenuto dell’Antico Testamento. Per questo si addentra nelle questioni profetiche e dottrinali, caratterizzandosi in sostanza come un Vangelo per gli Ebrei. Siccome fino ad Atti 10 e oltre il Vangelo era predicato solo agli Ebrei (Atti 11:19), sembra evidente che quello di Matteo sia il più antico: anche se fosse stato messo per scritto dopo quello di Marco, non abbiamo dubbi che sia stato in qualche modo elaborato e codificato oralmente per primo. Alcuni portano ragionevoli argomenti per sostenere che Matteo abbia originariamente usato l’ebraico (o l’affine aramaico diffuso fra gli ebrei del tempo), ma consideriamo fuor di dubbio che poi la versione greca sia stata approntata da Matteo stesso, o comunque con l’approvazione degli apostoli. Il Vangelo di Matteo in lingua greca lo consideriamo perciò come un indiscusso e autorevole originale, qualunque sia stato il processo attraverso il quale sia giunto a maturazione.